UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

L’università, nucleo di generatività

L’arcivescovo di Modena e Carpi, mons. Erio Castellucci, ha incontrato gli studenti del progetto Universitari a Modena, fulcro della pastorale universitaria
27 Marzo 2023

Martedì scorso, l’arcivescovo Castellucci ha incontrato gli studenti del progetto Universitari a Modena («UniaAMO») che compone l’ossatura della Pastorale universitaria diocesana. La natura dell’incontro si inserisce sostanzialmente nel solco sinodale: dialogo, ascolto, confronto a tutto tondo riguardo all’esperienza universitaria. In un clima disteso e amichevole, sono emerse in maniera naturale luci e ombre, soddisfazioni e preoccupazioni nella vita degli studenti. In particolare, il dialogo ha evidenziato alcuni punti, tra cui l’importanza delle relazioni, le aspettative degli studenti, la partecipazione al mondo del lavoro e la dimensione comunitaria dello studio. La relazione non è solo un accessorio, un “di più” facoltativo nell’iter accademico. Compone in maniera centrale la stessa qualità dell’apprendimento.

Ci chiediamo allora se, e come, sia possibile sviluppare una relazione costruttiva con gli altri colleghi di studi e con i professori: i grandi numeri dell’Università non consentono facilmente rapporti umani e valorizzanti. A questo riguardo, il periodo pandemico ha impresso un andamento particolare all’apprendimento universitario. Da un lato ha un po’ illuso di poter perseguire i propri studi in maniera isolata, vagamente solipsistica. Al tempo stesso ha permesso, in alcune facoltà, inaspettate possibilità di collaborazione e di progettazione comune tra gli studenti, probabilmente impossibili da attuare, a livello logistico, con tutti i frequentanti in presenza. Il tema delle aspettative risulta centrale nella vita universitaria. Si tratta di aspettative personali, familiari, della società. La fatica della performance, la cui ingombrante presenza la fa percepire addirittura più importante della formazione stessa, è qualcosa di tangibile e opprimente. La competizione fa sentire la sua voce, man mano che ci si avvicina al mondo del lavoro.

Proprio del rapporto con il lavoro si è parlato lungamente. Si è riconosciuta una sostanziale differenza tra le materie cosiddette umanistiche e quelle scientifiche. Le prime possono agevolare la costruzione di un senso dello studio più profondo, ma non favoriscono un sereno ingresso nel mondo del lavoro, fornendo una formazione poco spendibile professionalmente. Le seconde, al contrario, risultano più tecniche, più circoscritte a temi particolari e garantiscono competenze più specifiche e più facilmente spendibili. Tuttavia, dividere le materie in due macrocategorie di questo tipo risulta forse un po’ anacronistico. Il mondo procede e i tempi cambiano: materie scientifiche e umanistiche si trovano a camminare a braccetto, anche a livello professionale. Basti pensare alla realtà delle Intelligenze artificiali, che richiedono competenze informatiche ma anche antropologiche e psicologiche.

Rimane tuttavia paradossale e vagamente inquietante che, più si procede negli studi – dalla triennale alla magistrale al dottorato –, più si restringe il campo di lavoro dove spendere concretamente le proprie competenze e capacità. Al termine della serata, ognuno se ne va con una consapevolezza in più: la scelta degli studi universitari è dettata dalla ricerca della propria felicità. Ma, citando l’intervento di uno studente, «si è felici quando si è fertili», quando cioè si diviene generativi, capaci di responsabilità e di costruttività. L’Università aiuta in questo processo, ma al tempo stesso inquieta e pone alcuni paradossi – come quello del lavoro –, che possono disincentivare la crescita dello studente come persona adulta. A maggior ragione, quindi, resta centrale valorizzare la dimensione comunitaria e feriale dello studio, che non si può ridurre semplicemente a uno sforzo mentale isolato e personalistico, ma diviene processo di condivisione, di confronto, di serio arricchimento reciproco. La dimensione cognitiva, quella emotiva, quella esistenziale ed esperienziale devono potersi positivamente contaminare, perché lo studio diventi costruzione di senso, per sé e per gli altri. Prendersi cura del prossimo è un gesto che passa anche per questo interesse vicendevole. Forse poco concreto, poco tangibile, ma estremamente prezioso.

Marco Mazzotti, collaboratore della Pastorale universitaria

Il Nostro Tempo, 26 marzo 2023