UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Paritarie, prof precari: il caso finisce alla Ue

Il Tribunale di Padova rimanda alla magistratura di Lussemburgo il caso di un docente a cui non è stato riconosciuto il servizio pre-ruolo
25 Agosto 2023

Toccherà alla Corte di Giustizia europea stabilire se il servizio pre-ruolo prestato nelle scuole paritarie può essere conteggiato ai fini della ricostruzione della carriera degli insegnanti. A rivolgersi alla magistratura di Lussemburgo è stato il Giudice del Lavoro del Tribunale di Padova, chiamato ad esprimersi sul caso di un insegnante che, una volta assunto a tempo indeterminato nella scuola statale, è stato inquadrato nella fascia retributiva con zero anni di anzianità, nonostante avesse prestato servizio, per cinque anni, in un istituto paritario della zona.

Una discriminazione vera e propria che ha origine in una legge di quasi trent’anni fa, mai aggiornata. L’articolo 485 del decreto legislativo 297 del 1994 riconosce, ai fini della carriera, il servizio prestato nelle scuole «parificate e pareggiate», confluite nelle scuole paritarie dopo l’approvazione della legge 62 del 2000. Il fatto, però, che l’articolo 485 non sia mai stato aggiornato, - e che, quindi, non contenga la parola “paritarie” - impedisce il riconoscimento di questo diritto a decine di migliaia di insegnanti precari. Oltre trecentomila, secondo il sindacato autonomo Anief, che ha sostenuto la battaglia del docente padovano e ora invita tutti i docenti potenzialmente interessati, a presentare ricorso per vedersi riconosciuto un diritto e la relativa retribuzione economica. Che ammonta a una discreta somma: oltre 2 miliardi e mezzo di euro che lo Stato ha risparmiato non adeguando le retribuzioni di circa 300mila insegnanti transitati dalle scuole paritarie alle statali. Cifra calcolata dal Comitato nazionale per il riconoscimento del servizio nelle paritarie, che conta 1.400 aderenti circa e che, con la portavoce Filomena Pinca, «plaude all’iniziativa dell’Anief». «In questi anni le abbiamo provate tutte e, adesso, speriamo davvero che la Corte di Giustizia europea ponga fine a questa odiosa discriminazione nei nostri confronti», aggiunge Pinca.

Un eventuale pronunciamento favorevole ai docenti, dovrebbe essere tenuto in considerazione anche dal legislatore italiano, che finora si è sempre allineato alle sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale che, invece, hanno avallato il mancato computo del servizio di insegnamento nelle scuole paritarie. E ciò, nonostante il fatto che, lo stesso servizio, sia considerato valido, dalla legge 333 del 2001, per l’inserimento nelle Graduatorie ad esaurimento, da dove viene “pescato” il 50% dei docenti assunti dallo Stato a tempo indeterminato. Una situazione «illogica e irragionevole» per il giudice di Padova. Che chiede alla magistratura europea di stabilire se questo comporti anche la violazione del principio di «parità di trattamento», stabilito dalla direttiva comunitaria 1999/70, tra dipendenti a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato. Una prima risposta la dà lo stesso Tribunale di Padova: «Risulta pacifico che non sussiste alcuna differenza tra le funzioni, la formazione, i servizi e gli obblighi professionali di un insegnante a tempo indeterminato della scuola statale e quelli di un insegnante a tempo determinato della scuola paritaria». Forse, basterebbe aggiornare una legge vecchia di trent’anni, per evitare a migliaia di lavoratori di ricorrere alla giustizia per vedersi riconosciuto il diritto ad una giusta retribuzione.

Paolo Ferrario

Avvenire, 25 agosto 2023