Dante può aiutare i più giovani a vincere le inquietudini del tempo presente. Ne ha certezza Franco Nembrini che con due amici, Gianluca Recalcati, preside a Seregno, e Samuele Gaudio, illustratore e insegnate di disegno allo Ied, sta pubblicando per le Edizioni Ares Uscimmo a riveder le stelle. Un’opera in tre volumi – è appena uscito il secondo dedicato al Purgatorio (pagine 312, euro 20), nel 2022 l’esordio con l’Inferno ed entro quest’anno vedrà la luce il Paradiso – per raccontare la Divina Commedia ai più giovani, scoprendo nella speranza cristiana di cui è impregnata l’antidoto a ogni male.
Viviamo tempi difficili. Come ha sottolineato papa Francesco, «non viviamo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca». Il sogno nato all’indomani della caduta del muro di Berlino di andare verso “la fine della storia”, un tempo in cui i confitti sarebbero finiti e si sarebbe aperta un’era di pace e di collaborazione universale si è rivelato per quel che era: un sogno, appunto. La storia si è rimessa in moto, antichi e nuovi conflitti si sono riaperti e sono tornati a insanguinare le strade. L’epidemia di Covid ha mostrato al mondo che il anche il sogno di dominare la natura è – ancora una volta – un sogno. Ogni anno puntualmente i rapporti del Censis ci segnalano che «la società italiana punta o trascina i piedi; cammina raso muro; teme l’incontro con il non affine; custodisce, gelosa, piccole prerogative; tiene basso il timbro; rinuncia a esplorare il mondo circostante o a pensare il futuro» (rapporto Censis 2023). Per non parlare della vicenda dei cambiamenti climatici, che spesso è alimentata da un allarmismo strumentale, ma che domina la scena dei pensieri di tutti; o della politica, che sempre più appare solo come una faccenda per addetti ai lavori. A fare le spese di questa situazione sono in primo luogo i ragazzi, che all’alba della vita si trovano di fronte un orizzonte nero: guardano al futuro come a un pericolo, da cui non ci si può aspettare niente di buono.
Anche perché – va detto con determinazione troppo spesso hanno davanti adulti che sanno solo lamentarsi e maledire, che non sanno testimoniare letizia, che non hanno ragioni sufficienti per sperare. Proprio per questo, i miei amici e io abbiamo pensato a una lettura della Divina commedia dedicata ai lettori più giovani.
E che cosa c’entra Dante con i cambiamenti climatici, con la guerra in Ucraina, con le difficoltà a trovare lavoro? C’entra perché anche Dante viveva in tempi duri: anche allora c’erano le epidemie, le guerre, la politica faziosa... Solo che non si è lasciato piegare dalla durezza dei tempi: l’ha attraversata tutta, nella vita e sulla carta, per dire agli uomini e alle donne di tutti i tempi che il male, l’ingiustizia, il dolore non sono l’ultima parola sulla vita. Certo, tante volte la vita è un inferno. L’Inferno di Dante è una rassegna raccapricciante di tutte le cattiverie che gli esseri umani possono compiere. Una tenace tradizione radicata nelle nostre scuole ci ha messo addosso l’idea che l’Inferno è la cantica più interessante della Commedia. Solo che, con buona pace di De Sanctis e di Croce, questa lettura è sbagliata.
Infatti, qual è il messaggio fondamentale dell’Inferno? Che dall’inferno, da qualunque inferno, si può uscire. «Altro è da veder», dice Virgilio a Dante nel canto XXIX: se guardiamo il male, è solo perché possiamo uscire «a riveder le stelle» con più consapevolezza, con un desiderio più grande del bene che la vita offre. Secondo la vulgata De Sanctis-Croce, il Purgatorio è la cantica più noiosa. Niente di più sbagliato, cioè di più lontano dalla realtà. Al contrario, il Purgatorio è la cantica che più facilmente possiamo sentire nostra. Il Purgatorio dice: “Sì, si può ricominciare, la salvezza è possibile sempre!”. Noi ingenuamente tendiamo a pensare che i dannati siano stati “più cattivi”, abbiano commesso peccati più gravi; le anime del purgatorio hanno peccato, sì, ma un po’ meno, non hanno compiuto azioni tanto malvagie. Non è così. La differenza non sta nella gravità dei peccati. Bonconte da Montefeltro - per citare un esempio lampante - ha passato la vita ad ammazzare gente, come suo padre Guido; però Guido è all’inferno, Bonconte in purgatorio.
Perché? «Per una lagrimetta» (Purg. V, 107): Bonconte si è pentito, il padre no. La differenza determinante fra dannati e purganti non è il tipo di peccato: è l’atteggiamento. I dannati si sono chiusi nel proprio errore; le anime del purgatorio hanno riconosciuto il proprio limite, hanno chiesto perdono, hanno accettato la misericordia di Dio. Poi, da sola, la misericordia non basta. Occorre che si aggiunga la nostra libertà. Occorre che noi diciamo “sì” all’abbraccio che riceviamo. E dire “sì” è un cammino. È un lavoro. Richiede tempo, pazienza, fatica. Il Purgatorio è il racconto del lavoro, della pazienza, della fatica necessarie – oggi, qui, sulla terra - per recuperare la fisionomia con cui Dio ci ha creato.
Franco Nembrini
Avvenire, 31 gennaio 2024