UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Sui banchi con il terrore delle bombe

L’inizio del nuovo anno scolastico a Kiev. Oltre 3.750 gli istituti danneggiati: «Non possiamo avere più studenti di quanti ce ne stiano nei rifugi»
1 Settembre 2023

Ci sono scuole a pezzi e alunni mutilati. Centinaia di migliaia di scolari sono profughi all’estero o sfollati interni. Molti non si sa che fine abbiano fatto: deportati in Russia o rimasti sotto le macerie. Per la seconda volta l’inizio domani di un nuovo anno scolastico in Ucraina segna il tempo rubato dalle armi e il futuro perduto per sempre. La campanella non suonerà per dare l’inizio alle lezioni, ma solo per avvertire che è meglio fare una corsa al piano di sotto, nei bunker dove perfino ripetere le tabelline ad alta voce è meglio che restare in silenzio, travolti dalla paura che non passa mai. La lettura dell’inventario dei danni toglierebbe a qualsiasi genitore la voglia di mettere in spalla ai figli uno zaino pieno di quaderni e matite. Ma nell’Ucraina che si prepara a un nuovo pantano d’autunno, ci riprovano nonostante ad oggi 3.750 istituti scolastici abbiano subito bombardamenti e 361 di essi siano stati completamente polverizzati.

Secondo il ministero dell’Istruzione, oltre mezzo milione di studenti di età compresa tra i 6 e i 18 anni sono ancora all’estero dopo essere stati evacuati: il 13% di tutti i giovanissimi in quella fascia d’età. Secondo il Servizio statale per la qualità dell’istruzione, nonostante il conflitto non meno del 92% delle scuole ucraine in un modo o nell’altro.

Nel passato anno scolastico neanche metà degli studenti disponeva di un computer fisso, di un portatile o di un tablet per studiare, ripiegando perciò sugli smartphone, adoperati dal 74% degli alunni. Tornare tra i banchi, anche solo virtualmente, è anche un modo per tenere unita la diaspora ucraina in tutta Europa. «Ovunque si trovino, i ragazzi possono continuare a seguire le lezioni – osserva Ludmila, che insegna inglese a Kherson –, tenersi in contatto con i loro compagni, e sperare di poter tornare un giorno insieme a loro».

Oksana Pushenko, preside di una scuola media alla periferia di Kiev, dice di aspettarsi quest’anno un maggior numero di studenti. La sua scuola prevede di poter tornare a insegnare a 3.500 ragazzi, ma nei bunker non c’è posto per tutti: «Abbiamo due rifugi dove possono nascondersi fino a 1.000 bambini. Ogni giorno 2.000 bambini frequenteranno la scuola in due turni». Si farà a rotazione. Il programma prevede una settimana di istruzione da remoto e una in presenza: «Non possiamo avere più studenti di quanti non ce ne stiano nei rifugi».

La situazione varia da regione a regione. Mentre il numero di scolari è aumentato nell’area centrale dell’Ucraina a causa dell’evacuazione dalle zone del fronte, il loro numero è drasticamente diminuito nell’est e nel sud. L’80% degli studenti della parte orientale del Paese si è trasferito nelle aree più arretrate del Paese o all’estero. Dal sud, il 61% degli studenti si è trasferito in altre regioni o all’estero.

Riaprire le aule non vuol dire ricominciare a insegnare né ad apprendere con un minimo di normalità. Gli allarmi interrompono di frequente le lezioni. Le famiglie vivono costantemente nel terrore che qualcosa possa capitare ai propri ragazzi. E anche chi non ha alternative all’insegnamento a distanza sa di dover fare i conti con le interruzioni dell’elettricità, dei collegamenti internet, della telefonia che va e viene. A Mykolaiv, la città che guarda a Kherson e che ha fatto da bastione per impedire l’avanzata via terra su Odessa, le autorità locali prevedono di riaprire solo una dozzina di istituti entro l’1 settembre. Ma gli allievi di altre 20 scuole, un terzo del totale, continueranno con le lezioni a distanza, perché non è stato possibile attrezzare dei rifugi e l’intensità dei bombardamenti non lascia presagire alcuna “finestra di sicurezza” neanche nelle poche ore di lezione.

Nello Scavo

Avvenire, 31 agosto 2023