UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Homo democraticus, studia latino e greco

I totalitarismi danno «buone ragioni di credere il falso». Perciò, secondo Di Nuoscio, urge quella capacità filologica di capire i testi fornita dalle lingue classiche
27 Luglio 2022

Con “I geni invisibili della democrazia. La cultura umanistica come presidio di libertà” (Mondadori, pagine 158, euro 12,00) Enzo Di Nuoscio ci offre un’articolata analisi sulla vita democratica in un’epoca in cui le persone sperimentano l’abbondanza delle informazioni, ma avvertono anche il rischio di essere risucchiati dalla fallacia delle tante «buone ragioni di credere il falso».

Il libro di Di Nuoscio è il tentativo di svelare le insidie che da sempre minacciano l’homo democraticus, indicando quei 'geni invisibili' - per dirla con le parole di Guglielmo Ferrero - che svolgono la funzione di sentinelle poste sui bastioni ideali della cittadella democratica, la quale, per definizione, è luogo 'aperto', dunque, di fatto, esposto alle minacce dei tanti suoi nemici.

La domanda che pone Di Nuoscio va alla radice del problema democratico: come può sopravvivere una democrazia se i cittadini, pur disponendo di un’enorme quantità di informazioni, appaiono sprovvisti di una sufficiente capacità filologica di comprendere il significato di un testo? Ebbene, sulla scorta dell’insegnamento socratico, la democrazia «è un cavallo nobile, ma indolente» e affinché non imploda necessita di una risorsa tanto preziosa, quanto rara e deperibile: lo 'spirito critico'. Il libro è suddiviso in sette densi capitoli nei quali l’autore analizza lo specifico contributo che singole discipline umanistiche e sociali possono offrire all’implementazione dei processi democratici; ci limitiamo a considerare tre aspetti. In primo luogo, per Di Nuoscio «lo studio della filosofia educa alla democrazia». In breve, tutti i regimi totalitari e le ideologie antidemocratiche, pur differenziandosi per una miriade di aspetti, sarebbero accomunati da due principi fondamentali: l’assolutismo gnoseologico e il fondazionismo etico. È questa la pretesa di essere in possesso di una conoscenza assoluta non soltanto di «come vanno le cose», ma, soprattutto, di «come dovrebbero andare». Una presunzione che si rivela «fatale» per le ragioni della libertà e della democrazia: un uomo solo al comando, un partito, una classe, una razza, si sentiranno in dovere di soffocare qualsiasi libera discussione che fosse di ostacolo alla realizzazione del loro ideale di società perfetta.

In secondo luogo, Di Nuoscio sostiene che «la filologia allena la mente dell’homo democraticus », partendo dal presupposto che le lingue classiche sono porte che aprono la mente a differenze e somiglianze con mondi distanti dal nostro. Seguendo una linea popperiana, Di Nuoscio mette in guardia dalla abusata definizione di democrazia come «governo del popolo», argomentando invece l’idea della democrazia come «governo della legge». Una fitta rete di istituzioni e di meccanismi che oppongono autorità ad autorità, favorendo un controllo reciproco tra i poteri. Una delle forme di controllo del potere è dato dal «giudizio da parte del popolo», di qui la necessità che l’homo democraticus sviluppi una elevata capacità di esercitare il senso critico che passa per la preliminare comprensione di un testo e di una argomentazione.

Il terzo aspetto riguarda il modo in cui la conoscenza storica insegna ai 'nativi democratici' che 'tutto è possibile'. La democrazia è portatrice di una serie di promesse che si sono tradotte in legittime aspettative: aumento delle libertà individuali, uguaglianza, sovranità popolare, eliminazione delle oligarchie, massimo di trasparenza nella gestione del potere. Di fatto, tali legittime aspettative risultano in gran parte disattese, provocando un comprensibile senso di frustrazione e di risentimento nei confronti della democrazia stessa.

Un antidoto contro le «buone ragioni di credere il falso», al punto da preferire le dittature alla democrazia, è dato dalla conoscenza storica. È proprio grazie a tale conoscenza che possiamo maturare quel 'senso storico' che ci consente di collocare storicamente il presente. Non dovremmo dimenticare che mai come oggi nella storia dell’umanità sono garantiti tanti diritti ad un numero così alto di persone; in breve, citando Gaetano Salvemini, la conoscenza storica fornisce l’abitudine di osservare i fatti, di descriverli con una certa esattezza, ordine e semplicità e di poter concludere che «la democrazia è il purgatorio. Ma la dittatura è l’inferno. Sforzatevi di migliorare il purgatorio della vostra democrazia, ma badate a non cadere nell’inferno della dittatura».

Flavio Felice

Avvenire, 27 luglio 2022