UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Vere opportunità con vera parità

Un intervento di Elena Beccalli, preside della Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell'Università Cattolica
5 Febbraio 2024

L’educazione è il presupposto della libertà e dello sviluppo integrale. Per questo è da promuovere, in modo particolare per le donne che restano tra le categorie più penalizzate. Ancora oggi sono circa 130 milioni le ragazze nel mondo che non vanno a scuola. Un tema quello delle donne caro anche a papa Francesco. Come scrive nella sua prefazione al volume Più leadership femminile per un mondo migliore: «L’educazione è la strada maestra da un lato per fornire alle donne le competenze e le conoscenze necessarie per affrontare le nuove sfide del mondo del lavoro, e dall’altro per facilitare il cambiamento della cultura patriarcale, ancora prevalente».

Un tema tornato di grande attualità nelle ultime settimane, che la laurea conferita ieri alla memoria di Giulia Cecchettin ci invita a guardare in una prospettiva più ampia. Per favorire uno sviluppo sostenibile e integrale nel lungo termine è strategico investire nell’istruzione delle giovani generazioni.

Secondo l’Agenda Unesco 2030 per lo Sviluppo Sostenibile l’istruzione è essenziale per il successo di tutti i suoi 17 obiettivi. Ed è anche la leva per ridurre le disuguaglianze ed elaborare nuovi modelli di sviluppo. Per colmare i divari economico sociali, oltre all’attuazione di politiche innovative in materia fiscale e investimenti pubblici, è necessario garantire a tutti l’accesso all’istruzione. La polarizzazione del reddito e, più in generale, la distribuzione disuguale della ricchezza continua a essere impressionante: i dati del Global Wealth Report 2023 indicano che l’1% della popolazione detiene il 44,5% della ricchezza globale. Le diseguaglianze di reddito sono chiaramente associate a opportunità diverse nell’accesso all’istruzione che fa la differenza nel generare benefici materiali e sociali: per ogni anno di studio aggiuntivo, il reddito individuale aumenta del 10% e le disuguaglianze nelle carriere professionali diminuiscono del 39%. Ancora, garantendo a tutti i bambini l’accesso all’istruzione, si attende un notevole aumento del Pil pro capite nei Paesi più poveri del mondo. In poche parole, l’istruzione scolastica promuove la crescita, riduce la povertà e attenua le disuguaglianze, anche di genere.

L’università costituisce un contesto in cui è particolarmente auspicabile l’attuazione di politiche a favore delle donne per contrastare i pregiudizi culturali. A livello globale, sebbene le donne siano la maggioranza tra laureati e studenti post-laurea, la loro presenza diminuisce significativamente tra professori ordinari e dirigenti universitari. Dato analogo si registra per l’Europa, dove l’Italia si colloca addirittura terzultima con solo il 17% di donne nei ruoli più alti nella ricerca, come conferma uno studio dell’Università Cattolica condotto da Stefania Boccia, Sara Farina e Raffaella Iafrate. Evidenze simili emergono relativamente alle progressioni di carriera per dipendenti, amministratori delegati e presidenti di società private e pubbliche.

Altro aspetto critico riguarda lo stesso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro: in Italia, sebbene nel 2023 si sia raggiunto il livello più alto dall’inizio delle serie storiche (57,3 percento), si rileva ancora un livello particolarmente basso nel confronto europeo. Senza dimenticare il gap salariale tra uomini e donne che nel nostro Paese si attesta in media intorno al 10%, un valore solo di poco inferiore a quello del 2012. Temi questi rilevanti non nella prospettiva di occupare spazi, ma per avviare processi che con un nuovo stile di leadership - quello appunto femminile - portano con sé delle ricadute sulle stesse scelte delle organizzazioni. Un ambito di particolare attenzione è quello dell’educazione nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Le donne, nonostante il trend di crescita degli ultimi anni, sono ancora solo il 15% delle laureate totali (il 33% tra gli uomini).

La situazione non è migliore se si guarda nello specifico all’educazione finanziaria. Il nostro Paese si attesta in fondo alle classifiche Ocse sull’alfabetizzazione finanziaria in generale e, se si considera il divario di genere, le donne sono ulteriormente sfavorite nelle conoscenze relative al funzionamento di mercati e investimenti. Per avvicinare le bambine alla gestione del denaro sono prioritari interventi sui sistemi educativi per aumentare la consapevolezza nelle loro capacità, cercando di contrastare quella discriminazione di genere che le porta a credere che siano meno adatte a confrontarsi con discipline quantitative e finanziare.

È innegabile che le donne possiedano le competenze, le conoscenze e l’esperienza necessarie per assumere ruoli di leadership, contribuendo in modo cruciale a una gestione trasformativa. Quello dell’educazione è dunque un ambito di intervento prioritario nelle politiche pubbliche. Riprendendo nuovamente le parole di Francesco: «La parità va raggiunta nella diversità. Non parità perché le donne assumono i comportamenti maschili», ma parità nelle opportunità.

Elena Beccalli

Avvenire, 3 febbraio 2024