UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Una scuola che orienti i ragazzi

Occorrono tre grandi processi: conoscere se stessi; elaborare un proprio progetto di vita; integrare quest’ultimo con i contesti e le risorse in cui si vive
23 Gennaio 2023

È tempo di scelte per i ragazzi che termineranno a giugno la Scuola Secondaria di primo grado, cosa che, di fatto, si traduce nella scelta della scuola secondaria superiore (o di “secondo grado”). Tuttavia questa decisione apparentemente semplice si presenta ricca di problemi e di incognite per i giovani studenti che escono dal contesto protettivo e rassicurante della scuola dell’obbligo. E qui si presenta la prima contraddizione: l’obbligo scolastico è stato esteso ai due anni della secondaria superiore, ma questo percorso già presenta forti differenziazioni fra i tre tipi di scuola superiore (liceo, tecnico, professionale) e all’interno delle medesime tipologie (il biennio di un tecnico a indirizzo informatico è diverso da quello a indirizzo meccanico, e così per molti altri indirizzi). Quindi dei ragazzini di 13 anni devono scegliere, non solo il tipo di scuola superiore, ma anche l’indirizzo che poi, sono “obbligati” a frequentare.

Ma come volete che facciano dei preadolescenti che, sino ad ora, hanno scelto solo la musica da ascoltare, i giochi da fare sui loro devices, le fogge con cui vestirsi o pettinarsi e qualche volta lo sport, le letture, a orientarsi nella marea di indirizzi e opzioni che le scuole superiori offrono? Certamente hanno bisogno di aiuti e di consigli e a darli dovrebbero essere i professori della scuola media e i genitori in famiglia: così almeno dice il neo ministro; o meglio soprattutto i genitori, visto che a loro invia una lettera con cui li invita a “accompagnare la scelta dei prossimi studi” dei loro figli… E gli insegnanti? A loro, nessuna lettera di raccomandazioni: forse perché dà per scontato che loro facciano già (questo lavoro di accompagnamento)? O perché la scuola emetterà il suo “giudizio di orientamento” al termine degli esami di terza media con un laconico: «l’alunno, in base alle competenze acquisite nel corso degli studi, può frequentare una scuola superiore di tipo liceale (tecnico o professionale)» e, nei casi più “disperati” «può frequentare un corso di formazione professionale regionale a indirizzo».

Ma cosa vuol dire “accompagnare nella scelta” di una scuola superiore (e questo vale tanto per i genitori che per i docenti)? Si tratta della declinazione operativa del “compito di orientamento” che le indicazioni nazionali del 2012/2018 attribuiscono in maniera specifica alle attività educative scolastiche e che il Ministro, nella sua lettera ai genitori, rimanda ad una “grande alleanza” fra scuola e famiglia. Si tratta di un lavoro assai complesso (quello dell’orientamento di una persona) ancor più se esso riguarda un bambino in piena fase di crescita e di trasformazione; un lavoro che inizia con la frequenza alla scuola dell’infanzia e termina soltanto con il raggiungimento della maturità nell’età adulta.

Anche alla luce di una sperimentazione ministeriale da me coordinata negli anni ’90 in un centinaio di scuole italiane, chiamato Progetto OR.M.E. (Orientamento Materna ed Elementare), il lavoro dell’orientamento consta di tre grandi processi: conoscere se stessi; elaborare un proprio progetto di vita; integrare quest’ultimo con i contesti e le risorse in cui si vive. Non si tratta di tre processi separati, né tanto meno di attività da svolgere in sequenza (il primo nella scuola dell’infanzia, il secondo nella scuola primaria, il terzo nella scuola media), bensì di un sistema di azioni e di relazioni interpersonali fra studenti, operatori scolastici e genitori che portino gradualmente ogni allievo a maturare una consapevolezza di sé e del proprio potenziale di crescita che gli permetta di fare le scelte più adeguate in termini di realizzazione dei propri sogni in campo affettivo e relazionale (ivi compreso quello lavorativo). La condizione affinché tutto ciò avvenga è che le persone e le istituzioni che sono chiamate a fare questo lavoro siano “aperte”, cioè disponibili all’ascolto e all’accompagnamento degli alunni in età evolutiva nelle direzioni che essi indicano man mano che prosegue la loro maturazione personale.

Riusciranno i “nostri eroi” a fare tutto ciò? Finora non ci sono mai riusciti (se non in qualche caso sporadico) come nel caso della mancata introduzione tra le “figure di sistema” dell’organico degli Istituti Comprensivi della figura del responsabile dell’orientamento, come avviene in Gran Bretagna o in Svezia. E non mi pare che la “lettera ai genitori” dell’attuale ministro Giuseppe Valditara vada nella direzione di un approccio integrato e sistemico al tema dell’orientamento, anzi, gli allegati alla lettera, che riportano in maniera neutra i dati sulle scelte degli studenti e le “domande” del mercato del lavoro, sembrano dimostrare che, in fondo, la scelta della scuola dopo la terza media deve essere decisa sulla base della prospettiva occupazionale futura, a prescindere da sogni, progetti e aspettative personali.

Italo Bassotto

La Cittadella, 22 gennaio 2023