UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Una panchina e iniziano a parlare di sé

Il cappellano dell’Università di Torino racconta la sua esperienza: “La partita si gioca in pochi secondi, non si possono fare giochetti”
3 Novembre 2022

Buona parte della mia esperienza di pastorale universitaria l’ho fatta in panchina. Ma la panchina del Politecnico o dell’Università, non in un campo di calcio. Perché a Torino una cappella universitaria di mattoni non c’è e la cappellania si fa zaino in spalla.

Senza ufficialità il cappellano universitario non lo cerca nessuno, è il cappellano che cerca i giovani. Alla macchinetta del caffè, nei cortili, alle lauree. Il colletto o il velo fanno da catalizzatore di qualche secondo di attenzione, poi viene una battuta, una frase, più spesso un giovane che ti presenta l’amico ateo, quello scettico, quello che ricomincerebbe, quello che al paese faceva il coro, ma a Torino si è dimenticato di portarsi dietro il Battesimo. Le fragilità e i sogni sono quelli di vent’anni, ma si declinano in un qui e ora che è molto diverso da leva a leva, da coorte universitaria a un’altra. Il linguaggio cambia velocemente, gli appigli culturali per cominciare una conversazione come una canzone, un fumetto o un film scivolano via veloci.

Non c’è tempo e spazio per qualche forma di pre evangelizzazione come forse avveniva un tempo nei nostri oratori. La partita si gioca in pochi secondi e in quel lasso di tempo non si può fare giochetti, si deve tirare cercando di andare a segno al primo colpo. Non è una pastorale di conquista, in cui acquistare spazi, gettare zampate di verità o suscitare qualche forma di simpatia. Devi provare a dire a quella giovane che hai davanti, a quella storia che ti guarda per pochi secondi, che tu sei lì per lei, per lui, perché hai una parola di senso per la sua vita che nessun altro porta in quel momento. Sì sì, no no, il resto se non viene dal maligno certamente se lo porta via la frenesia dell’accelerazione moderna, nello sciupio di una vita accademica bilanciata al decimo di secondo.

Una pastorale in panchina dove cerchi di andare dove lo Spirito è già arrivato per poterti sedere, su quella benedetta panchina, con quel giovane, quella giovane lasciando loro lo spazio per parlare di sé, di quello che si agita nel loro cuore, di quello che Dio ha nel cuore per loro. Fede, vocazione, salvezza, preghiera, vita, morte. Su quelle panchina transitano storie sacre, piccole oasi in un flusso di studenti, professori, saperi di ogni tipo, tutto apparentemente lontano da una sacrestia, ma non così lontano da quello che accade sui nostri altari. Pane, vino che diventano per la preghiera della Chiesa, il Suo sangue e il Suo corpo. Su quelle panchine celebriamo, grazie alla preghiera di tanti; c’è un offertorio continuo di vita che dai saperi della terra guardano al sapere del Cielo. Che è venuto perché tutti abbiamo la vita. In abbondanza.

Don Luca Peyron, direttore Ufficio per la pastorale dell’università, Torino

Avvenire, 2 novembre 2022