UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tutta l’urgenza di un patto tra le generazioni

Il prof. Simeone: L’educazione è il dono più prezioso che possiamo offrire ai giovani che stanno crescendo
5 Ottobre 2023

Non è stato solo per un’esigenza di comunicazione che il Festival internazionale dell’Educazione, in programma a Brescia da oggi all’8 ottobre, ha scelto come icona una virgola. Ma anche perché è un segno che non separa, ma distingue e, distinguendo, unisce. Una minuzia, si direbbe. Per alcuni talmente trascurabile da dimenticarsi di usarla, sacrificandola sull’altare della rapidità. E così trascurata dall’apparire inutile. Eppure quel piccolo segno può cambiare il significato di una frase, di una vita, della storia. Basterebbe evocare il celebre responso della Sibilla cumana al soldato che consultava l’oracolo sull’esito della propria missione militare: « Ibis redibis non morieris in bello », gli disse, con tono ovviamente “sibillino”. E, poiché il latino non prevede punteggiatura, il soldato fu rassicurato che sarebbe “andato, ritornato e non sarebbe morto in guerra”. Ma la virgola, purtroppo per lui, andava collocata dopo il “redibis non” e il poveretto cadde in battaglia.

Accade lo stesso nella grammatica delle nostre relazioni, che sono il legame invisibile che ci fa persone e ci rende umani. “Siamo tutti sulla stessa barca”, disse nel momento peggiore della pandemia papa Francesco, con un’espressione rimasta nella memoria di tutti. A significare un’appartenenza che ci accomuna, una storia che ci lega, un’identità che si costruisce in dialogo con l’alterità.

Sono le relazioni a fare la differenza. Perché sono un tessuto che non si vede ma che rende possibile vivere insieme. Nel pieno del Covid la pandemia segnò profondamente le nostre città, costrette all’improvviso a fare i conti con il limite e la precarietà, che hanno eroso i legami sociali e i rapporti tra le generazioni. Da dove è stato possibile ripartire? Dall’investimento più conveniente: l’educazione. Uno straordinario strumento di cambiamento, che con il suo potere trasformativo permette di rigenerare il tessuto connettivo delle nostre città, offrendo l’opportunità di consolidare le relazioni e costruire quella fitta trama di rapporti che creano comunità che educano.

È la cronaca a dimostrarci che non sono solo parole. La povertà educativa e la mancanza di cura nelle relazioni portano i giovani a mettere in atto comportamenti inadeguati, devianti, violenti, che conducono alla sopraffazione e al non rispetto dell’altro, preparando il terreno fertile per il degrado e la criminalità, come abbiamo visto recentemente. C’è chi pensa di rispondere a queste “emergenze” evocando punizioni esemplari e strette alle regole, schieramento dell’esercito e “bonifiche” esibite a favore di telecamere. O chi, solo per reazione più che per convinzione, invoca il bisogno di educazione, scuola e famiglia, scordandosene regolarmente una volta scampato il pericolo. È urgente, invece, allacciare un patto tra le generazioni e trovare adulti che sappiano assumersi le proprie responsabilità educative, per permettere ai ragazzi di vedere realizzati i propri desideri e i propri sogni. L’educazione, infatti, è il dono più prezioso che possiamo offrire ai giovani che stanno crescendo.

Proprio nella Giornata internazionale del dono, oggi 4 ottobre, Brescia inaugura il Festival internazionale dell’Educazione, la scommessa che, rialzandosi dalla pandemia che l’ha duramente colpita ma non piegata, ha deciso di fare nell’anno in cui con Bergamo è capitale italiana della cultura. Il progetto corale di una città che si scopre due volte capitale e che ha saputo reagire perché ha la fortuna (la grazia?) di poter contare su profonde radici che non sono gelate. Piantate solidamente, come sono, tanto nel terreno educativo che in quello della solidarietà.

Riscoprire il modo originale in cui nella stagione delle “rerum novarum”, esponenti del mondo religioso, sacerdoti, liberi cittadini, risposero alle sfide del proprio tempo, è l’ancora più sicura per fare la nostra parte in questa che Edgar Morin chiama la “stagione delle grandi incertezze”. È tempo di cambiare strada, ci dice, e di immaginare i nuovi futuri, già oggi in gestazione. Non rinunciamo a seminare. Educando ancora.

Domenico Simeone, Direttore scientifico del Festival dell’Educazione e preside della facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Avvenire, 4 ottobre 2023