UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Studentati diffusi e notti sospese. Il “popolo delle tende” non smobilita

Cosa è rimasto della protesta degli universitari contro il caro affitti nelle città? Lo abbiamo chiesto a chi organizzò quella mobilitazione, da Nord a Sud
31 Gennaio 2024

Ilaria Lamera, 23enne studentessa del Politecnico di Milano, fu la prima a piantare una tenda davanti all’ateneo, il 2 maggio scorso. In poche settimane le tende diventarono decine e la protesta si allargò alle principali città universitarie. Tra gli studenti che manifestavano contro il caro affitti c’era Barbara Morandi, 23enne di Brescia che a Milano studia Scienze dell’educazione: «In quelle notti, sempre svegli a scambiarci idee, le tende diventavano uno spazio politico ricco», ricorda. Nelle stesse ore, un’altra coetanea, Marianna Scarinci, abruzzese che studia Italianistica a Bologna, stava ascoltando le testimonianze di tante persone e le era sempre più chiaro che «il problema è reale, non è il capriccio di una generazione». Qualche mese dopo, a Roma, un 26enne studente di Scienze dell’educazione, Alessandro Di Pofi, insieme ad altri attivisti lanciava uno spazio di discussione, “l’Assemblea per l’abitare”: «Dopo il picco di attenzione mediatica è importante continuare». In piazza, a Napoli, c’era pure Federica Saponaro, una pugliese di 22 anni che nel capoluogo campano studia Scienze politiche. Con lei lavoratori e famiglie, «tutti con problemi diversi che si riassumono nella volontà unica di avere una casa».

Nove mesi dopo

Smontate le tende, che cosa rimane di quelle proteste? In ogni città il movimento è riuscito a instaurare un dialogo con le istituzioni e in alcuni casi si cominciano a intravedere i frutti. «A Milano una risposta positiva è stata la messa a disposizione degli alloggi popolari dismessi, che saranno ristrutturati», specifica Barbara. Il progetto, chiamato “studentato diffuso”, consegnerà circa 600 stanze a prezzi calmierati: da 250 a 350 euro al mese, in base alla soglia Isee. In tutta Italia, di posti letto potenziali il governo ne ha censiti oltre 67mila, tutti in immobili sfitti che andrebbero ristrutturati anche tramite i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Una parte del Pnrr sta andando anche verso gli studentati privati, che «se va bene, offriranno solo il 20% dei posti a prezzo calmierato, mentre il resto sarà troppo caro», dice. Anche se si riducesse il canone del 15% rispetto a quello medio di mercato, come è stato ipotizzato, «a Milano sarebbero comunque circa 600 euro al mese. Insomma, andrebbero finanziati di più gli studentati pubblici come quello in cui sto io», conclude Barbara. A Napoli, racconta invece Federica, «la turistificazione continua a fiorire non regolamentata. Gli studenti e le famiglie più povere vengono progressivamente espulsi». Federica e gli altri attivisti hanno presentato al comune un elenco di luoghi sfitti che potevano essere convertiti in residenze. A novembre, la Campania ha ottenuto dal ministero dell’Università e della Ricerca il co-finanziamento per sei edifici, che incrementeranno di 465 posti quelli attualmente disponibili: «La procedura è avviata, ma i primi risultati li vedremo nel 2026 e anche allora migliaia di studenti in graduatoria rimarranno fuori», spiega.

La creatività al potere

Nel frattempo ognuno si organizza come può: «Qualcuno mette a disposizione il proprio letto a chi viene solo per gli esami. La chiamiamo la “notte sospesa”. Io per risparmiare sono andata a vivere da mio nonno, che è a Napoli ma lontano dall’università. A molti non rimane che viaggiare, sostenendo anche le spese dei trasporti. Sono tutte forme di resistenza. Non dovrebbero essere la regola».

Anche a Roma i prezzi rimangono alti. «Io sono uno studente lavoratore e me la cavo con 400 euro al mese più spese, lontano dal centro — dice Alessandro — . Alcuni studenti però finiscono nelle occupazioni abusive, sempre a rischio sgombero. Non è una vera soluzione». Così Alessandro e i suoi amici provano a rispondere alla crisi abitativa difendendo in primis quello che già c’è: «Stiamo preparando una vertenza per salvare i 400 posti letto dell’ex Civis, inutilizzati dalla pandemia. Il palazzo, che si trova di fronte alla Farnesina, rischia di andare al ministero degli Esteri invece di essere restituito a DiSCo, l’Ente regionale per il diritto allo studio».

L’incremento delle residenze universitarie pubbliche è la soluzione auspicata anche dagli studenti di Bologna. «Io pago 300 euro in doppia, nonostante abbia il prezzo bloccato da quattro anni. Adesso nella zona il canone mensile arriva fino a 400 — racconta Marianna — e sempre più proprietari preferiscono i turisti». Le misure prese finora contro la turistificazione si sono concentrate sull’imposta, che dal 2024 verrà trattenuta direttamente dai ricavi sulle piattaforme e sarà leggermente più alta a partire dal secondo immobile dato in locazione. Per gli studenti però «bisognerebbe mettere dei limiti agli affitti brevi. Su questo aspettiamo ancora una risposta».

Quel che sembra certo è che da Milano a Napoli ci vorrà ancora tempo per risolvere la crisi abitativa. Così tanto che Barbara, Marianna, Alessandro e Federica difficilmente potranno cogliere per sé stessi i frutti della loro protesta.

Elisa Campisi

Avvenire, 31 gennaio 2024