Ogni uomo e donna è «un bene comune agli occhi di Dio». Ma come si costruisce il bene comune? Come si fa, da giovani credenti, a dare risposte alle sfide sociali e alle sofferenze di chi abita i nostri territori? Se lo sono domandato i 600 studenti e lavoratori tra i 14 e i 30 anni, provenienti da tutta Italia, che hanno partecipato alla tre-giorni di lavoro dal titolo “Orizzonte comune - Tracciare rotte coraggiose”, vissuta a Frascati (Roma) dal 10 al 12 novembre scorsi. I giovani hanno cercato di ritrovare il legame tra l’impegno quotidiano in parrocchia, nei loro territori e il cammino che l’Unione Europea, nata sui valori del cristianesimo, sta portando avanti per costruire una comunità sempre più verde, sana, forte, inclusiva e digitale.
«L’unico modo per fare la differenza nel mondo è farlo insieme come comunità giovanile ecclesiale», hanno sottolineato i responsabili nazionali del Settore Giovani di Azione Cattolica, della Fuci e del Movimento Studenti di Ac (Msac), nell’introduzione al convegno. In gioco c’è la cura della comunità, e i giovani presenti, tutti impegnati nella “missionarietà” nella scuola, nell’università e nel lavoro, lo sanno bene. «In questi giorni di “Cantiere di Bene comune” ci siamo presi del tempo per studiare – ha spiegato Alfonso Guerriero, 27 anni, incaricato regionale di Fuci Lazio –. Il venerdì sera abbiamo “guardato in faccia” le paure e le ansie che preoccupano la nostra generazione. Ma come ci ha detto il Papa alla Gmg di Lisbona, è ora di “alzarsi”, e noi questo invito lo sentiamo forte dentro, siamo appassionati e competenti».
I lavori del sabato mattina si sono concentrati sul rapporto con l’Unione Europea e su Next Generation Eu. «Per essere costruttori di comunità – ha spiegato Lorenzo Zardi, vice presidente per il Settore Giovani di Ac – dobbiamo capire che tutto è connesso. La formazione è un atto di responsabilità sociale, e le nostre associazioni aiutano ciascuno a essere generatore di bene comune». Nella tavola rotonda si sono alternati gli interventi dell’eurodeputato Brando Benifei, di Michele D’Avino, segretario comunale di Follonica (Grosseto), di Federica Celestini Campanari, commissario straordinario Aig (Agenzia italiana per la gioventù) e di Antonio Decaro, sindaco di Bari.
«Il primo passo da fare è proprio capire a fondo le questioni più attuali – spiega Edoardo, 17 anni, del Msac della diocesi di Nardò- Gallipoli – e poi smettere di lamentarsi. Non dobbiamo restare in silenzio se qualcosa che vediamo ci sembra sbagliato». A far “sporcare le mani” ai giovani, sono stati i laboratori del pomeriggio del sabato, in cui ciascuno si è interrogato su come poter costruire comunità più sane, più verdi, più digitali, più forti, più egualitarie. «La comunità che vorrei sa accettare le diversità, sa essere attenta alle esigenze di tutti», sottolinea Maria Grazia, 20 anni, dalla diocesi di Taranto. Per Stefano, 28 anni, della diocesi di Ragusa, invece, per avere comunità più sane occorre «creare punti di incontro tra le associazioni che operano sui territori».
Il rischio, però, è a volte quello della rassegnazione. «Se siamo qui è perché abbiamo sete di cose umane, ma soprattutto di Dio – ha detto il vescovo Claudio Giuliodori, assistente unitario dell’Ac –. È vero però che la ricerca è spesso anche sofferta. Desideriamo cose grandi ma a volte non troviamo la strada. Ricordiamoci che non abbiamo altro modo di vivere l’eternità se non quello di vivere pienamente anche questo momento storico».
La concretezza, unita alla diversità delle esperienze e alla differenza di età dei presenti, sono state tra le cifre più importanti della tre-giorni. «L’incontro mi ha permesso di riconoscere quanto siano importanti questi momenti di formazione – ha spiegato Marta Terenzio, del gruppo Fuci di Urbino –. Mi ha colpito molto la concretezza con cui si sono trattate le tematiche, fattore che va ad alimentare quella passione di vivere l’università come luogo per esprimere la propria vocazione». Per Carmen Di Donato, presidente della Fuci, la collaborazione tra universitari e giovani di Ac è un cammino di amicizia e collaborazione che già da tempo sta dando i suoi frutti: «Non ci bastava più lavorare insieme solo a livello di équipe, abbiamo sentito forte la necessità di ritrovarci anche noi come comunità».
L’incontro nazionale non si è chiuso con dei progetti definiti, proprio perché, come ha sottolineato Lorenzo Pellegrino, segretario nazionale del Msac, «se l’orizzonte è “comune”, ciascuno nel proprio territorio dovrà modificare l’impegno a seconda delle caratteristiche della realtà in cui vive, tra cui quella della propria scuola». Ora tocca ai giovani far fiorire bene comune dai semi gettati insieme.
Agnese Palmucci
Avvenire, 14 novembre 2023