UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Senza scuola 463 milioni di ragazzi»

L’Onu: è in pericolo una generazione
31 Agosto 2020

«Sappiamo che in ogni crisi i giovani e i più vulnerabili soffrono enormemente. Le scuole restano chiuse, i genitori sono espulsi dal mondo del lavoro e le famiglie sono sotto una pressione crescente», tuttavia nella pandemia in corso « un’intera generazione di bambini ha visto preclusi istruzione e apprendimento». Una fotografia drammatica della situazione, quella della rappresentante del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ( Unicef ) in India, Yasmine Ali Haque, che evidenzia le carenze degli interventi e un divario di possibilità che rappresentano una costante nelle aree più povere del pianeta.

Una situazione analizzata nel rapporto Remote Learning Reachability (Raggiungibilità dell’apprendimento a distanza) diffuso l’altro ieri dall’Unicef che, con dati raccolti in 100 Paesi, ha preso in considerazione la possibilità di accesso a televisione, radio e Internet, come pure la disponibilità di piani di studio su queste piattaforme durante i periodi di lockdown che hanno impedito a quasi un miliardo e mezzo di giovani studenti di recarsi in aula per seguire regolarmente le lezioni. Governi e organizzazioni – ricorda l’Unicef –- hanno dato vita a un immenso impegno per garantire alternative alla presenza nelle aule scolastiche e la maggioranza degli studenti ha potuto godere di una qualche forma di sostegno dalle strutture educative. Tuttavia, questo ha escluso a livello globale un terzo della popolazione scolastica delle scuole elementari e medie, accentuando il divario già ampio delle possibilità di accesso allo studio.

Come evidenziato da Felicity Butler-Wever, direttrice dei Programmi internazionali di Unicef Australia: «Per 463 milioni di studenti nel mondo, di cui 80 milioni nelle regioni a noi più vicine, l’apprendimento a distanza è stato impossibile ». «Molti di questi studenti vivono in comunità rurali e sono svantaggiati dalla mancanza di connessioni digitali e di accesso a strumenti evoluti che hanno permesso ad altri coetanei di proseguire lo studio – ricorda la Butler-Weaver –. Dobbiamo chiudere il digital divide per assicurare che ogni bambino possa avere accesso all’istruzione, anche durante una pandemia». Il rapporto Unicef indica che del 31 per cento di studenti che a livello globale non hanno avuto la possibilità di accedere all’insegnamento online, 147 milioni vivono in Asia meridionale e soprattutto in India, Paese dove aziende d’eccellenza nel settore dell’Information Technology e una diffusione sempre più capillare dell’accesso a Internet alimentano l’orgoglio nazionale. Restano molti limiti tuttavia, che una crisi come quella attuale non poteva che evidenziare.

«In India – si legge nello studio – oltre 1,5 milioni di scuole sono state chiuse a causa della pandemia coinvolgendo 286 milioni di bambini e ragazzi dalla scuola materna alle medie (per il 49 per cento femmine) in aggiunta ai 6 milioni già esclusi dal sistema scolastico prima del Covid-19». Una realtà immensa di disagio che nel contesto indiano non poteva che accentuare le discriminazioni già presenti.

I dati disponibili indicano che solo il 24 per cento delle famiglie indiane ha accesso ad Internet, una situazione oltretutto fortemente diversificata tra città e campagna e per genere sessuale. Il divario nell’apprendimento è più probabile che si sviluppi nei gruppi di reddito alto, medio e basso in quanto i bambini che provengono da famiglie già economicamente svantaggiate non possono comunque avere accesso all’apprendimento a distanza. Non a caso il rapporto segnala come gli studenti che provengono dalle comunità più marginali, soprattutto se femmine, difficilmente possono disporre di uno smartphone e anche se l’avessero, la connettività Internet sarebbe mediocre e il materiale educativo spesso non disponibile in lingue locali.

Di tutto questo, occorre tenere conto ora ma anche nelle strategie future. È ancora Yasmine Ali Haque a ricordare come «in India l’accesso all’educazione digitale in sé non può risolvere il divario delle opportunità educative. Occorre un approccio misto che coinvolga le comunità, le famiglie, i volontari che possano raggiungere i giovani studenti e sostenerne la preparazione in simili occasioni».

Stefano Vecchia

Avvenire, 29 agosto 2020