Due giorni di mobilitazione per dire al governo: «Ci siamo anche noi». Martedì e mercoledì, su iniziativa della Conferenza italiana Superiori Maggiori (Cism) e dell’Unione Superiore maggiori d’Italia (Usmi), le scuole paritarie hanno annunciato che intendono sospendere le lezioni online per attirare l’attenzione sulla grave condizione in cui versano 12mila istituti, con 900mila alunni e 180mila dipendenti. Una proposta che ha aperto un confronto dentro lo stesso mondo associativo, che rappresenta il settore delle scuole paritarie in Italia.
Lo slogan delle due giornate sarà #Noisiamoinvisibiliperquestogoverno e sarà esposto sui siti delle scuole che, al posto delle lezioni, saranno impegnate a «diffondere i temi della libertà di scelta educativa, del diritto di apprendere senza discriminazione, della parità scolastica tra pubblica statale e pubblica paritaria, della libera scuola in libero stato» e lanceranno «appelli alla classe politica perché non condanni all’eutanasia il pluralismo culturale del nostro Paese», si legge in una nota congiunta firmata dalla presidente dell’Usmi, madre Yvonne Reungoat e dal presidente della Cism, padre Luigi Gaetani.
Nel mirino c’è il decreto Rilancio – già fortemente criticato, nelle scorse settimane, dalle associazioni dei gestori e dei genitori della scuola paritaria – che prevede finanziamenti per 1 miliardo e mezzo per la sanificazione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici, esclusivamente statali. Unica concessione, gli 80 milioni previsti per le scuole materne paritarie, a parziale copertura delle rette che le famiglie, travolte dalla crisi, non sono più in grado di pagare. Per il resto, per le scuole non statali dalla primaria alla secondaria di secondo grado, c’è soltanto la promessa di inserire ulteriori 62 milioni, strappata dalla ministra della Famiglia, Elena Bonetti, al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Al momento, però, è tutto in sospeso e, proprio per sottolineare la discriminazione cui sono fatte oggetto dal decreto del governo, le scuole paritarie hanno scelto di manifestare il proprio dissenso nelle stesse giornate in cui il Parlamento sarà impegnato nella discussione e votazione della norma. Che, se non sarà modificata, porterà, secondo le previsioni delle associazioni della scuola paritaria, alla chiusura di almeno il 30% degli istituti, con 300mila alunni che si riverseranno sulla scuola statale.
«Il nostro gesto simbolico – prosegue la nota di Cism e Usmi – intende essere un “rumore educativo”, un “rumore costruttivo”. Un “rumore educativo” ed educato, che parta dalle nostre scuole ma che coinvolga i genitori dei 900mila allievi delle scuole paritarie, i 7 milioni di alunni delle scuole statali, i docenti, il personale della scuola italiana, gli amici, i cittadini facendo nostro l’appello del Presidente della Repubblica: “Ognuno di noi può e deve fare la propria parte per la liberazione dell’Italia oggi”. Vuole anche essere un “rumore costruttivo”, che obblighi i nostri parlamentari, che saranno impegnati nella discussione degli emendamenti, a non lasciare indietro nessuno».
Nella maggioranza di governo, a sostegno della mobilitazione delle scuole non statali, ha preso posizione il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che ha rilanciato un messaggio Twitter del deputato ed ex sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi: «Serve sostenere tutta la scuola, statale e paritaria: 180mila lavoratori e 900mila iscritti lasciati soli dal ministero dell’Istruzione. Meno ideologia e più coraggio».
«Battaglia in Parlamento» è annunciata dalla capogruppo di Forza Italia alla Camera, Maria Stella Gelmini: «Il decreto rilancio abbandona completamente e in modo inspiegabile le scuole paritarie, mettendo così in discussione il principio costituzionale di libertà di educazione», si legge in una nota. E la senatrice dell’Udc, Paola Binetti, punta il dito contro la scelta «ideologica» del governo, di chiudere le porte a una delle «principali risorse del nostro Paese», come la scuola paritaria.
Paolo Ferrario
Avvenire, 17 maggio 2020
Caro Direttore, ho appreso dal suo giornale che le scuole paritarie italiane su proposta/decisione dell’Usmi e della Cism il 19 e 20 maggio sciopereranno.
Mi domando, ma che senso ha questa iniziativa in questo momento così delicato del nostro Paese? Conosco tutte le motivazioni serissime che stanno alle spalle di questa inconsueta decisione ma non non sono d’accordo prima di tutto perché non è stata condivisa con gli altri soggetti che fanno scuola, neppure con chi come i genitori hanno sulle spalle e nelle loro tasche il peso e la gioia di questa scuola paritaria.
Non condivido il metodo, i genitori e le famiglie hanno bisogno non di minacce o gesti eclatanti ma di uno stile che rassicuri e nello stesso tempo grida lontano che questa ingiustizia nei loro riguardi è una vergogna per tutto il nostro Paese.
Presidente Mattarella, non può non ascoltare quel grido di quelle migliaia di famiglie già stremate e preoccupate per il lavoro, la situazione sanitaria, i figli che chiusi in casa guardano con occhi smarriti ciò che sta succedendo. La libertà di scelta educativa è un diritto costituzionale e lei lo sa benissimo.
Possiamo detrarre un sacco di spese, fare manutenzioni delle nostre case con facilitazioni fiscali e non possiamo detrarre la retta che paghiamo in questi mesi per garantire la vita delle scuole paritarie? A settembre si ritorna a scuola, forse, si dividono le classi e si raddoppiano i docenti, per le statali è stato stanziato 1,5 miliardi per due anni, per le paritarie zero.
Il fondo di 512 milioni di euro già insufficiente è rimasto fermo negli anni, ma il Covid non è entrato solo nelle scuole e nelle famiglie statali ma anche in quelle paritarie.
Presidente Mattarella si affacci sulla piazza, vuota e ascolti bene, la scuola tutta la scuola statale e paritaria, i docenti, dirigenti e le famiglie preoccupate stanno manifestando, uniti tutti dalla grande passione educativa che attraversa tutto il nostro Paese.
L’educazione è bene comune, occorre investire per combattere una denatalità devastante. Uno sciopero oggi inasprisce solo gli animi, divide, non aiuta a combattere una battaglia di civiltà, non ci rende più convinti e motivati. Rispetto la scelta fatta che proviene da istituzioni storiche ecclesiali ma non condivido. Tutti abbiamo imparato che i passi occorre farli insieme, fughe in avanti pagano solo momenti isolati di celebrità.
Maria Grazia Colombo
Vicepresidente nazionale Forum delle Associazioni familiari
Avvenire, 17 maggio 2020