UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Ripensare i tempi della didattica e salvare la socialità»

I presidi delle scuole di Piacenza: servono risorse ma anche più autonomia
22 Maggio 2020

Più risorse, ma anche più autonomia per ripensare i tempi della didattica. Perché se gli spazi non si possono moltiplicare all’infinito, il rispetto delle norme di sicurezza si gioca sull’organizzazione.

L’anno scolastico non è concluso, ma i dirigenti delle scuole superiori piacentine – uno dei territori più colpiti dalla pandemia – stanno già ragionando sulla ripresa. Con una convinzione condivisa: «Quella che abbiamo fatto in questi mesi non è la scuola del futuro – evidenzia Mauro Monti, preside dell’Isii Marconi, 1700 studenti – . Bisogna andare oltre il concetto “docente– classe–ora” pensando a soluzioni che integrino attività sincrone, asincrone e in aula. Ma per farlo devo poter liberare risorse. Un esempio: una introduzione su Leopardi si può proporre con efficacia a più classi a distanza, così posso impiegare altri docenti sui gruppi in presenza».

Uno scenario ben più complesso dell’ipotesi del ministro Lucia Azzolina, quella di metà classe in aula e l’altra metà a casa a seguire la stessa lezione. «Per noi tecnicamente sarebbe semplice, ma da un punto di vista pedagogico non è la scuola che abbiamo in mente», conferma Simona Favari, dirigente del liceo Respighi, 1.225 studenti, all’avanguardia nell’uso delle piattaforme digitali. «Specie gli studenti di quinta hanno apprezzato un metodo che li prepara all’università. Diverso il caso dei più piccoli: per loro e per chi ha difficoltà pensiamo di privilegiare le ore in presenza. Molto dipende dall’autonomia che il ministero lascerà e dalla volontà di fare il salto verso l’innovazione. Preoccupa il tempo: settembre è dietro l’angolo».

La tecnologia è di casa al Gioia – 1.600 studenti tra classico, linguistico e scientifico – dove da anni si sperimenta la “flipped classroom”: i ragazzi seguono la video–lezione su contenuti che vengono approfonditi in classe, stimolando così la partecipazione: «Una modalità che può essere ampliata a gruppi più vasti – conferma il dirigente Mario Magnelli –. Non è pensabile però ripartire in sicurezza e garantendo una buona qualità dell’offerta formativa se il decisore pubblico non offre, oltre a linee guida dettagliate (che tuttora mancano), un forte investimento ». Se il tema spazi per un istituto del centro come il Gioia è pressoché irrisolvibile, si può invece lavorare sui tempi: «Dobbiamo superare il modello 8.30–13.30, salvare la socialità che è il pane quotidiano della scuola e non dimenticare i più fragili».

È proprio la dispersione che teme Teresa Andena, preside all’agrario e alberghiero “Raineri–Marcora”, un campus appena fuori Piacenza e due sedi distaccate: «Nonostante i monitoraggi e lo sforzo di cercare una piattaforma per le video–lezioni supportata anche dai cellulari, su 1400 studenti il 10% non si è più connesso e sono quelli che già presentavano criticità. Paradossalmente mi preoccupa meno la sicurezza: siamo pronti, abbiamo laboratori ampi e aule all’aperto. Certo, è un bel costo. Chi pagherà?».

Barbara Sartori

Avvenire, 21 maggio 2020