Il Recovery Fund, o Next Generation Eu, - come sottolinea il presidente Agesc Frare - «è l’occasione per cambiare alcuni settori chiave che in Italia non funzionano adeguatamente e il primo fra questi è la scuola, indispensabile per garantire un futuro al Paese». Il governo stesso, nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, steso per il Recovery Fund, riconosce il “gap educativo” dell’Italia nei confronti degli altri Paesi europei, elencando come indicatori: gli scarsi risultati scolastici (siamo al 23° posto nell’Ocse), l’alto tasso di abbandono scolastico (13,5%), la percentuale di Neet (giovani che non studiano e non lavorano, 23,4%), la disoccupazione giovanile (31%), la bassa quota di diplomati e laureati (27,6% contro il 43% della Ue). A questi indicatori si aggiungono: crescita dell’emigrazione dei giovani più preparati, scarsa mobilità sociale, alto tasso di analfabetismo “funzionale”. Se quelli elencati sono i risultati dell’attuale sistema scolastico, è evidentemente inutile immettere in esso fondi ingenti senza modificarne i criteri di funzionamento: significherebbe cronicizzare i problemi e renderli alla fine irrisolvibili, nonché sprecare risorse che si dovranno comunque pagare domani.
Le soluzioni sono già indicate nella nostra Costituzione e in alcune leggi in vigore da anni ma mai realizzate: autonomia delle singole scuole, parità fra tutte le scuole, libertà di scelta delle famiglie, degli insegnanti (rispetto alle scuole) e delle scuole (riguardo agli insegnanti). Questi sono anche i fondamenti su cui funzionano i migliori sistemi scolastici europei. Occorrono fondi per una vera autonomia delle scuole, bisogna cancellare il sistema di reclutamento centralistico degli insegnanti a favore di una scelta libera delle scuole o reti di scuole e della libera domanda di assunzione degli insegnanti, è indispensabile realizzare una sostanziale parità di finanziamento per tutti gli istituti di istruzione statali e paritari in base al numero di studenti.
Perciò il piano pluriennale finanziato dal Recovery Fund deve prevedere per la scuola italiana una graduale attuazione degli obiettivi indicati a favore della crescita dell’intero sistema scolastico, perché lo Stato non deve garantire solo la scuola per tutti, ma a tutti deve garantire una “Scuola di qualità”, che può essere tale solo se messa nelle condizioni di agire liberamente nel rispondere alle richieste delle famiglie e delle comunità locali.
Di fronte alla crisi che stiamo attraversando è necessaria una politica coraggiosa che voglia affrontare i veri nodi che hanno impedito all’Italia di crescere nel nuovo millennio. Fra questi, la scuola. L’attuale classe politica si dimostrerà all’altezza delle sfide che la situazione del Paese le pone e delle opportunità che l’Europa oggi le offre? Essa deve dimostrare questo coraggio e non farsi ingabbiare dalla ricerca del consenso politico che favorisce l’immobilismo e impedisce lo sviluppo. Anche sulla prossima Legge di Bilancio 2021 si misurerà la volontà di cambiare o meno i criteri che regolano il finanziamento di tutta la scuola, statale e paritaria.
L’Agesc sente inoltre il dovere di esprimere la propria forte contrarietà alla cosiddetta legge Zan sull’omotransfobia, perché ritiene che trasformi in discriminazione quella che è libertà di pensiero, voglia imporre una lettura ideologica della realtà nelle attività delle scuole - ancora una volta non riconoscendo la loro autonomia - e tenti di sdoganare la pratica dell’“utero in affitto” che l’Associazione giudica invece inaccettabile per la dignità della donna.
Infine l’Associazione accoglie l’invito che Papa Francesco ha rivolto a tutti proponendo il “Patto globale per l’educazione”, un nuovo modello educativo basato su questi punti: mettere al centro di ogni processo educativo la persona; ascoltare la voce dei bambini; favorire la loro piena partecipazione all’istruzione; vedere nella famiglia il primo ed indispensabile soggetto educatore; educare all’accoglienza degli emarginati; trasformare economia, politica, crescita e progresso affinché siano a servizio dell’umanità nella prospettiva di un’ecologia integrale; coltivare la casa comune con stili sobri secondo principi di sussidiarietà, solidarietà e economia circolare, basandosi sulla Dottrina sociale della Chiesa.
Avvenire, 13 novembre 2020