A un mese e mezzo dall’approvazione in Parlamento del decreto Rilancio, i 300 milioni per le scuole paritarie sono ancora bloccati. Il problema, fanno sapere dal ministero dell’Istruzione è la «necessaria variazione di bilancio» da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze, non ancora effettuata e indispensabile «per poter poi erogare i fondi». Dal Mef, però, fanno sapere, che «è sempre possibile in caso di urgenza, per le amministrazioni interessate, richiedere le risorse necessarie ricorrendo ad anticipazioni di tesoreria».
Nel frattempo, strette tra il rimpallo di responsabilità dei ministeri interessati, le scuole hanno già dovuto impiegare queste risorse - che avrebbero dovuto coprire il mancato versamento delle rette da parte delle famiglie durante i mesi di sospensione della didattica in presenza - per la sanificazione e organizzazione degli spazi in vista della ripresa delle lezioni. Per asili nido e scuole materne la prima campanella dell’anno suonerà oggi. Non per tutti, però. Come documenta il sito www.noisiamoinvisibili.it, sono già 96 le scuole paritarie che hanno dichiarato la chiusura e, in gran parte, si tratta proprio di servizi per la fascia 0-6 anni, spesso collocati in territori dove non c’è la presenza di nidi e materne statali. Una doppia beffa per le comunità e un costo aggiuntivo per l’erario. Con la chiusura delle 96 scuole, infatti, sono 3.833 gli alunni a cui si dovrà trovare una collocazione negli istituti statali, per un costo complessivo di 32 milioni e mezzo di euro. Per frenare questa emorragia, che va avanti dalla primavera, sarebbe quindi più che mai urgente sbloccare i 300 milioni, di cui 180 per nidi e materne e 120 per le scuole dalla primaria alla secondaria di secondo grado.
«Queste scuole da marzo non ricevono un euro di risorse pubbliche né dalle famiglie con le rette», rilancia il deputato di Italia Viva, Gabriele Toccafondi. «Il Parlamento il suo dovere lo ha fatto – ricorda l’ex-sottosegretario all’Istruzione –. Il governo faccia altrettanto. Per il bene delle nostre realtà paritarie, per chi ci lavora, per i nostri bambini e ragazzi». Un appello all’esecutivo ad «attivarsi per risolvere il problema» arriva anche da Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. «Queste realtà non possono essere abbandonate e non possono correre il rischio di chiudere i battenti per la lentezza burocratica dell’esecutivo. Subito i fondi per le paritarie e per dare la possibilità alle famiglie di esercitare la libera scelta educativa, così come previsto dalla nostra Costituzione», rilancia l’ex ministra dell’Istruzione. «Che fine ha fatto il decreto di riparto delle risorse?», chiede, infine, il senatore Antonio De Poli (Fi-Udc). «È indispensabile che i fondi arrivino al più presto o, altrimenti, molte scuole non riapriranno più», avverte il senatore.
Intanto, in vista della ripresa delle lezioni in presenza il 14 settembre, sono oltre 15mila le firme a sostegno della petizione per la stipula dei Patti educativi di comunità tra scuole statali e scuole paritarie. L’obiettivo è dare un’aula anche al 15% degli alunni delle statali che dovranno essere collocati fuori dagli edifici scolastici per garantire il distanziamento di almeno un metro tra gli studenti. «Alle famiglie va assicurata la possibilità di scegliere la scuola paritaria ritenuta più sicura per il figlio – si legge nella petizione – senza dover pagare rette aggiuntive, attraverso una quota capitaria, che abbia come tetto massimo il costo medio studente o il costo standard di sostenibilità per allievo», fissato in 5.500 euro all’anno. Proprio in vista della riapertura in sicurezza, ieri è stato siglato un accordo tra il Comune e la Diocesi di Firenze: quattro parrocchie metteranno a disposizione aule idonee per le scuole superiori.
Paolo Ferrario
Avvenire, 1 settembre 2020