Attesa e cautela. Ma anche la convinzione che «occorre cambiare e investire molto nella scuola». Francesco Sinopoli, segretario nazionale della Flc-Cgil, vuole attendere di conoscere il testo dell’accordo raggiunto sul concorso, anche se a preoccuparlo è la situazione complessiva, scuole paritarie incluse. «Servono aiuti adeguati» aggiunge, esprimendo una posizione inusuale per la Flc-Cgil.
Dunque siete preoccupati anche per il futuro della paritarie, molte delle quali rischiano di non riaprire a settembre?
Da tempo come Flc-Cgil ci occupiamo anche dei docenti che insegnano nelle paritarie. Siamo consapevoli di questa emergenza. Crediamo che le scuole paritarie debbano avere aiuti adeguati per superare questa emergenza e crediamo che quelli stanziati fino ad ora non siano suf- ficienti. Ovviamente non intendiamo intervenire nel dibattito sul tema della parità scolastica. Su questo punto per noi esistono i paletti costituzionali.
Paritarie chiuse vuole dire decine di migliaia di posti di lavoro persi.
Per questo diciamo che servono interventi adeguati. A perderci sarebbe l’intero sistema scolastico.
In base alle anticipazioni fornite anche dal ministro Azzolina, almeno sul concorso stiamo andando nella direzione da voi auspicata?
Ripeto: attendiamo il testo. Ma una cosa si può già dire: se si pensava con il concorso straordinario di permettere la partenza del prossimo anno scolastico con tutti i docenti di ruolo già in cattedra, mi pare che siamo lontani dall’obiettivo. Da parte nostra, avevamo già espresso la preferenza per un concorso riservato che facesse selezione in base ai titoli. Ci pare l’unica e sensata soluzione per garantire una partenza a ranghi completi.
Però sono scomparsi i test con risposta a crocetta e compare un elaborato da presentare. Non le pare una mediazione accettabile?
Conoscere il testo, nero su bianco, ci permetterà forse di capire se ci troviamo davanti a una mediazione che ha al centro la stabilità della maggioranza o, come vorremmo, la centralità della scuola, la continuità didattica, e l’equità. Un concorso per titoli riservato a docenti con già tre anni di lavoro in cattedra a tempo determinato, non solo rispetterebbe la legge, ma darebbe stabilità a chi già insegna ai nostri figli.
Le scuole sono chiuse da marzo e molti dubbi ci sono sull’avvio di settembre. Come immagina la ripartenza?
Come sindacati, stiamo lavorando a una proposta comune. Pensiamo che debba essere l’occasione per un investimento serio e consistente sulla scuola anche per risolvere questioni che ci stiamo trascinando da tempo. Pensi al tempo scuola, agli spazi, alle 'classi pollaio', agli organici. Ecco, questa pandemia ci ha posto davanti a delle fragilità presenti da tempo. L’auspicio è che il governo presti attenzione per risolvere i problemi. Al momento non vedo grande consapevolezza su questo aspetto.
Si parla però di un investimento di 1,4 miliardi di euro. Non basta?
Prima della cifra, occorre avere la consapevolezza dell’importanza della scuola per il Paese e il futuro. Questa tragedia ci pone davanti l’occasione per ripensare la scuola: dal come conciliare il tempo del lavoro e quello dell’istruzione, agli edifici che non sempre sono adeguati e che per esempio rendono complesso il distanziamento fisico nelle classi.
È possibile conciliare diritto alla sicurezza, all’istruzione, al lavoro e anche alla realizzazione di una comunità educante?
Siamo obbligati a coniugare tutti questi diritti. Lo dobbiamo fare. Non saremo noi a decidere il 'quando' riaprire le scuole, ma il 'come' sì. Non ci sono formule magiche, ma osservazioni del presente. Un esempio? Per garantire il distanziamento servirebbe più personale non docente, che però da anni stiamo diminuendo per un approccio esclusivamente economico al tema scuola.
Enrico Lenzi
Avvenire, 26 maggio 2020