UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Non dovremmo più parlare di «obbligo scolastico»

Meglio usare un termine positivo
26 Settembre 2023

Ho sempre percepito la parola “obbligo scolastico” come inappropriata e inopportuna. C’è bisogno di “obbligare” una persona a fruire di un bene essenziale alla propria esistenza? Esiste un “obbligo” alla salute o un “obbligo” al nutrimento?

La possibilità di frequentare gratuitamente (eccetto per chi sceglie le paritarie) gli studi con l’opportunità di formarsi come persona e come cittadino, di costruirsi un futuro dignitoso e di saper progettare la propria esistenza in modo responsabile e gratificante cozza diametralmente con questa parola.

La considerazione sorge dalla vicenda personale. Nato alla fine della prima metà del secolo scorso, in una famiglia di sei figli, sostenuta da un solo stipendio, consideravo la possibilità di studiare riservata soltanto al ceto benestante. Non bastava la profonda stima per la cultura nutrita da mio padre, nonostante avesse terminato il ciclo di studi solamente con la quinta elementare.

Durante gli anni del boom economico, il disagio causato dalla dislocazione degli edifici scolastici rispetto a un paesello periferico, il mito dell’immediato guadagno unitamente alla possibilità di deporre quotidianamente ogni problema alle ore 17 rispetto a chi doveva stringere la cinghia e studiare fino a tarda sera, induceva moltissimi ragazzi e ragazze a disertare le aule, appena conseguito il diploma delle elementari.

Io non posso che ringraziare il mio maestro e i Salesiani, i quali mi hanno permesso di impostare in modo diverso la mia formazione. Mi sono mantenuto agli studi universitari conciliando scuola e lavoro.

Ora, per fortuna, la situazione generalmente è cambiata, ma gli abbandoni scolastici raggiungono ancora livelli impressionanti nella nostra nazione. Certo non giova il clima della percezione sociale, determinato dai valori proposti, quali il denaro, il divertimento, l’attuazione di una libertà senza limiti, il disinteresse dei genitori, l’influenza dei social, la scarsa considerazione per gli insegnanti. La mentalità contemporanea che esige “tutto e subito” cozza irrimediabilmente con il progetto dello studio che si pone obiettivi nel futuro.

Pertanto, mi sembra opportuno evitare il termine di “obbligo”, sinonimo di costrizione a compiere un’azione contro la volontà individuale, e sostituirlo con un vocabolo positivo che ne ponga in luce il valore.

L’espressione «assolvere l’obbligo scolastico», anche a livello legislativo, andrebbe sostituita con «usufruire dell’opportunità della formazione scolastica di base».

Giuliano Ladolfi

Avvenire, 21 settembre 2023