UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Nelle nuove «Barbiana» ancora troppe disuguaglianze

A cent’anni dalla nascita di don Lorenzo Milani, rimane il fenomeno dell’abbandono scolastico. «Il Paese si impoverisce di risorse vitali»
20 Dicembre 2022

La denominazione del Ministero dell’Istruzione nel tempo ha caratterizzato la visione politico- amministrativa riguardo al sistema scolastico del Paese. Il 28 ottobre 1928 nel corso della commemorazione del VI anniversario della marcia su Roma viene inaugurata in viale Trastevere la sede del Ministero dell’Educazione nazionale, strettamente collegato alla concezione autarchica della cultura fascista del “Minculpop”. Con la promulgazione delle famigerate leggi razziali del 1938 si accentua drammaticamente il processo di fascistizzazione della scuola e del Paese.

Con l’avvento della Repubblica la denominazione cambia in Ministero della Pubblica Istruzione che da un lato accentua la concezione della formazione partecipe alla costruzione del bene comune “pubblico” appunto, ma dall’altro rimane ancora prigioniera di una visione statalista e centralista. Negli anni dopo la contestazione del ’68 la definizione di Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca rafforza l’idea della formazione come processo continuo e della ricerca educativa correlata con quella accademica. Negli anni più vicini a noi riassume il titolo di Ministero dell’Istruzione, formula forse più neutra, fino a giungere all’attuale formulazione di Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Il riferimento al merito è connotato da una intrinseca ambivalenza: la “meritevolezza” viene da ciascuno attribuita sicuramente a sé stesso, rapportata al demerito altrui. Detta concezione risulta quanto meno rischiosa in termini formativi poiché, tradotta in meritocrazia celebra le disuguaglianze che sono declinazioni improprie delle diversità, nella direzione esattamente opposta a quella di una scuola solidale, cooperativa, pro-sociale ed inclusiva.

Il riferimento al merito e la sua finalizzazione pare assegnare alla scuola la metafora dell’agone politico caratterizzato dallo scontro, oppure a quella del “mercato” di chiaro segno economicistico, oppure ancora a quella della “giungla” con la prevaricazione del più forte. Potremmo considerare dette metafore “belligeranti” con la prevalenza di una logica individualistica rispetto alla concezione di comunità “cum munus” quale messa in comune condivisa dei doni attivando processi di costruzione di una comune umanità partecipata e solidale.

Dal nostro punto specifico di osservazione che è quello dell’infanzia, pare di prospettare l’idea di una “marcia non competitiva” dove ciascuno attiva il suo specifico ritmo e giunge alla meta mediante percorsi e tempi differenti. Siamo convinti che per costruire contesti di apprendimento condiviso e generativo, sia necessario coltivare lo scambio tra pari, l’aiuto reciproco nell’interazione tra la diversità dei bambini che sperimentano la convivialità delle differenze sociali, culturali e umane, tracce promettenti di una progettualità significativa.

Nel prossimo 2023 ricorrerà il centesimo anniversario della nascita di don Lorenzo Milani, profeta della pedagogia planetaria che continua ad essere Maestro alla cui scuola farsi discepoli. Il problema prioritario della scuola di ieri e di oggi, denunciato da “Lettera a una professoressa” (1967), rimane quello dei” ragazzi che perde”, fenomeno che anziché ridursi aumenta nella dispersione umana, sociale e culturale di risorse vitali che impoveriscono, anche economicamente il Paese. Rapportando il fenomeno al nostro punto di osservazione, constatiamo che la scuola dell’infanzia, non obbligatoria, di fatto è ampiamente frequentata dai bambini e dalle bambine perché ormai è entrata nella coscienza collettiva delle famiglie, delle comunità sociali e civili e dei mondi vitali del territorio.

Paradossalmente, con sofferenza registriamo che dal momento nel quale scatta l’obbligo scolastico, via via il fenomeno dispersivo si accentua, evidenziando l’impasse della scuola e delle agenzie del territorio nel motivare significativamente gli allievi. “Far parti uguali tra disuguali” viene denunciata da don Lorenzo come una iniqua truffa ai danni dei più deboli. I Pierini del dottore sono oggi i ragazzi delle famiglie-bene che vanno all’estero per frequentare scuole e Università prestigiose, mentre i Gianni vivono in contesti degradati con deboli stimoli formativi, vittime della povertà anche educativa che caratterizza le troppe Barbiane disseminate nel Paese e nel mondo. L’articolo 3 della Costituzione fa riferimento a loro in primis quando proclama che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni personali e sociali e definisce compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona e la partecipazione attiva alla crescita del Paese. Con questi riferimenti fondativi possiamo ben comprendere il tema enunciato all’articolo 34 circa il sostegno ai meritevoli, il tutto nello sfondo della concezione sussidiaria e di solidarietà.

Due contributi particolarmente ricchi e stimolanti puntano a problematizzare il portato del merito e il conseguente impianto meritocratico: Mauro Boarelli, “Contro l’ideologia del merito”, 2019; Michael Sandel, “La tirannia del merito”, 2021. Il rischio che viene registrato è quello di snaturare scuola e percorso formativo introducendo il fantasma dell’oggettività attraverso la materializzazione delle disuguaglianze e far prevalere il risultato sul processo. Rispetto alla società conviviale di Illich che delinea le persone integrate con la collettività, calcando la mano sulla diseguaglianza si può giungere ad una sorta di riedizione delle classi differenziali, basate proprio sulla differenza, magari camuffate per attenzione educativa specifica. Si tratterebbe di arretramenti pericolosi nel segno della divisione e dell’intelligenza utilitaristica (Illich, “La convivialità”, Milano 1939).

La ricerca annuale di Save the Children che si batte per la difesa dei più piccoli si intitola quest’anno “Come stai?” e descrive alcune diseguaglianze preoccupanti per cui povertà, salute e istruzione dipendono da dove si viene al mondo: ad esempio per i bambini del 2021 la speranza di vivere sani è di 67 anni se sono nati nella provincia di Bolzano, ma si abbassa a 54 anni se sono nati in Calabria. Venire al mondo in un contesto o in un altro diventa una lotteria, dove c’è apparentemente chi vince e chi perde, ma in realtà abbiamo perso tutti.

Bruno Forte, responsabile pedagogico Fism

Avvenire, 20 dicembre 2022