UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Mons. Moraglia: educare tra libertà e responsabilità

Il compito “arduo” di educare in una società sempre più liquida, al centro dell’omelia del patriarca di Venezia nella festa del Santissimo Redentore
20 Luglio 2023

Pubblichiamo un estratto dell’omelia che pronunciata dal patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, durante la Messa solenne del Santissimo Redentore.

La festa veneziana del Redentore mostra, ancora una volta, l’amore di Dio che si presenta come pastore, Colui che va alla ricerca delle pecore “disperse”, specialmente delle più affaticate, disorientate e bisognose di cura. Qui abbiamo il presupposto di ogni vero cammino di accompagnamento educativo che non vuol lasciare indietro nessuno. Ciò vale oggi in modo particolare per i ragazzi e i giovani che sono sempre più protagonisti di avvenimenti tragici e che riguardano anche la cronaca “nera”. Pensiamo a quanto è accaduto di recente a Casal Palocco, a Primavalle, a Casal di Principe e in Francia (“rivolta delle banlieues”); tutti questi fatti hanno coinvolto giovanissimi, autori di gravi atti di violenza e ribellione.

Emerge prepotente la questione educativa e dell’accompagnamento dei più giovani che interpella la Chiesa e la società civile. L’educazione richiede, prima di ogni altra cosa, il coinvolgimento dell’educatore; tale presenza dice amore e che si ha tempo per coloro ai quali si è mandati. L’educazione avviene in un contesto sociale preciso, ha a che fare con il nostro oggi, è qualcosa di reale e concretissimo, perché riguarda la vita delle persone, delle famiglie, della città. Educare non è mai stato facile; oggi, nel tempo dei media, della Rete, della tecnoscienza è diventato compito arduo e indilazionabile. L’educatore deve essere persona saggia, cordiale, che sa stare accanto alla persona rimanendo, però, sempre educatore. Gli adolescenti oggi, con la tecnoscienza, sono diventati depositari di un potere che ai loro coetanei, anche in un recente passato, era sconosciuto; hanno bisogno d’essere affiancati da educatori preparati e all’altezza di tale compito. In tale situazione gli adolescenti possono perdere di vista il limite, le proporzioni, la giusta prospettiva ed enfatizzare il proprio “io” e sfogare desideri di onnipotenza.

Viviamo nella società della comunicazione e dobbiamo interpellarci: è autentica la comunicazione nella rete e nei social? O, piuttosto che favorire relazioni e “contatti”, dà libero spazio a “io” frustrati dalla vita reale e che, a tutti i costi, sono alla ricerca di visibilità, costi quel che costi e non avendo nulla da perdere? La rete è una realtà “disincarnata” che, nel momento in cui sembra abbattere ogni barriera, aumenta le distanze dalla corporeità, da ciò che si può incontrare (e toccare) in ogni sua sfumatura.

Nella scelta educativa diventa essenziale il rapporto libertà/ responsabilità. Educare è un fatto di libertà; si educa alla libertà, accettandone il rischio. Educare dice responsabilità ed è invito alla responsabilità. Ciò è fondamentale nel contesto culturale della nostra società caratterizzato da riferimenti sempre più “liquidi” e in cui le domande riguardano quasi sempre il “come” ottenere qualcosa, raramente il “perché” delle cose, in cui tutto è posto in discussione – il valore e il senso della persona, il bene, il vero, il bello - e domina il “politicamente corretto”, pena l’emarginazione.

Una volontà incerta ed una ragione debole faticano e non sono neppure in grado di esprimere “sì” decisi e compiuti, mentre l’amore si misura proprio sulla donazione personale, in un’ottica di sacrificio. Se mancano queste dimensioni, l’amore finisce per essere confuso con la pura gratificazione o l’appagamento ma l’amore non è questo. Altrimenti ci si illude e illudiamo gli altri, formando persone che credono di amare e amarsi ma, in realtà, cercano solo forme di gratificazione e appagamento.

La stessa piaga dei femminicidi nasce dal non sapere che amare vuol dire, prima di tutto, rispettare. È necessario educare i figli ad una vera scelta affettiva, ad essere persone in grado a loro volta di generare; amare e generare è donare se stessi. Amare e prendersi cura significa gioire dell’altro che cresce e non è mia proprietà: quanto è importante saper educare un figlio o una figlia ad essere capace di relazioni vere, buone e libere! Un altro elemento irrinunciabile è l’autorevolezza che rende possibile e credibile l’esercizio dell’autorità. L’autorevolezza è fatta di coerenza di vita e del reale coinvolgimento della persona in ciò che trasmette e insegna. Proviene da un amore autentico, vissuto, condiviso e non da una caricatura dell’amore.

Conosciamo la difficoltà e, insieme, la necessità di una vera alleanza educativa che leghi famiglia (genitori), scuola (insegnanti), Chiesa (catechisti, formatori, sacerdoti); ognuno di questi soggetti è da valorizzare affinché si dia nella società vera convivenza. Anche la Chiesa è all’interno di tale dinamica e mette in campo persone, risorse, spazi e tempi dedicati specificamente alla formazione dei più giovani e non solo.

Per l’educatore credente, e i genitori per primi, è fondamentale educare alla preghiera, ossia al senso di Dio e alla sua presenza nella vita delle persone. Questo dà la possibilità di avere un riferimento ultimo che è più grande delle vicende umane, liete o tragiche: Dio è più grande del cuore dell’uomo! Educare, in fondo, è condurre all’incontro pieno dell’“io” creaturale e filiale con un Dio che è Padre, Creatore e Redentore.

+ Francesco Moraglia

(Avvenire, 16 luglio 2023)