UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Mettere la persona al centro del Patto educativo globale

Il prof. Triani: Il magistero di papa Francesco indica la via di un rinnovato processo di educazione che non si riduca a una sola dimensione
6 Ottobre 2023

Pubblichiamo un ampio stralcio del contributo di Pierpaolo Triani al volume di prossima uscita Il Patto educativo globale. Una sfida per il nostro tempo, a cura di Domenico Simeone (San Paolo).

«Mettere al centro di ogni processo educativo la persona, per far emergere la sua specificità e la sua capacità di essere in relazione con gli altri, contro la cultura dello scarto». Sono le parole con cui papa Francesco ha accompagnato il lancio del Patto educativo globale, che impegnano a un’educazione che promuova la specificità di ogni persona, che ne coltivi la relaziona-lità, che ponga la massima attenzione a contrastare qualunque forma di discriminazione ed esclusione sociale.

Un’educazione che non riduce

Chiedendo di porre al centro ogni essere umano in quanto persona, con la sua dignità e la sua inviolabilità, il Patto sollecita le politiche educative, le istituzioni, ogni educatore a evitare attentamente concezioni e atteggiamenti riduzionistici. Si può, operare un riduzionismo quando si dà valore solo a una delle dimensioni della persona e si considera il soggetto umano soltanto nel ruolo e nella funzione che svolge. Anche in educazione operiamo un riduzionismo antropologico quando consideriamo il soggetto soltanto per i problemi che presenta, per i bisogni che manifesta, per i risultati che ottiene. Si può avere, inoltre, in campo pedagogico, un riduzionismo in ordine alle finalità dell’azione educativa, quando si considera fine proprio dell’educazione il mantenimento e lo sviluppo di una determinata istituzione o gruppo sociale e si riduce l’educando a destinatario di un’azione di controllo e di indottrinamento, o anche di semplice assistenza.

Un’educazione per nomi propri

L’educazione, che mette al centro la persona, comporta il mettersi in gioco non con soggetti astratti, ma con nomi “propri”. Non esiste “l’alunno”, ma quella determinata bambina e ragazza, quel determinato bambino e ragazzo. Questo significa che a coloro che educano viene chiesto di partire da un atto fondamentale, apparentemente semplice ma in realtà molto complesso: il riconoscimento e l’apprezzamento dell’altro nella sua individualità e singolarità. Non è facile declinare questo nel concreto quando le classi sono numerose, il tempo è poco, oppure, soprattutto, quando le caratteristiche che vedo nell’altro sono lontane dalle mie aspettative, ma è proprio questa capacità di comunicare attenzione a ognuno che rende qualitativamente diversa l’azione educativa.

Un’educazione che risponde

La proposta educativa chiede di essere pensata come espressione di un preciso atto di responsabilità nei confronti dell’educando. C’è bisogno, nella prospettiva personalistica, di un’educazione che propone perché sa innanzitutto rispondere alla vita delle persone che le sono affidate, ai loro bisogni, alle loro capacità. Nella misura in cui ci si lascia interpellare dall’educando nella sua concretezza, si saprà costruire una proposta che chiama davvero in causa il suo bene. Il Patto educativo globale indica una strada precisa. L’azione educativa è tenuta a rispondere alla persona come portatrice di diritti universali e inviolabili. È indispensabile, perciò, che tutti assumano come valore di riferimento del proprio impegno educativo la “Difesa dei diritti universali e inalienabili di ogni persona”.

Un’educazione non solitaria

Considerare la persona nella sua dignità e singolarità, significa anche riconoscere la sua intrinseca relazionalità. Il rapporto con gli altri è condizione ineludibile per il nostro sviluppo, la nostra crescita, la nostra realizzazione. Porre al centro l’educando, dal punto di vista educativo, significa dunque anche curare le condizioni perché esso possa vivere relazioni e contesti significativi. Educare infatti comporta l’incontrare e il promuovere l’incontro con gli altri e la realtà. Quanto le nostre famiglie sono contesti relazionali significativi e aperti? Quanto le nostre scuole e i nostri servizi educativi si pensano come contesti comunitari, dove educare significa innanzitutto incontrare e rendere capaci di incontro?

Un’educazione che considera la complessità dell’uomo

Un’educazione che intende promuovere lo sviluppo dell’uomo nella sua interezza non può che essere integrale, cioè, considerare attentamente tutte le sue dimensioni. Per questo deve porre una particolare attenzione nell’aiutare i singoli, nel loro processo di crescita, a fare unità dentro di sé. L’educazione alla persona ha così il suo centro dinamico nella formazione della coscienza. Ciò comporta l’educare a una lettura sapienziale della vita umana che riconosce in essa la compresenza di aspetti tra loro in tensione; richiede l’educare al discernimento, l’aiutare crescere nella capacità di porsi la questione dell’eticità dei propri comportamenti e delle proprie azioni.

Un’educazione che libera e apre

L’educazione nell’ottica personalistica è sempre un’azione che legge l’altro in modo dinamico e intende la vita umana come un cammino permanente segnato dalla tensione all’autenticità. Suo compito, perciò, è favorire lo sviluppo di ogni persona, non secondo la logica dei risultati immediati, ma nel rispetto dei tempi evolutivi e personali. L’educazione della persona, proprio perché intende sostenere la libertà del soggetto, è azione che ha lo scopo di aprire le menti, i cuori, le coscienze, che intende ampliare gli orizzonti esistenziali. Quanto oggi siamo attenti a educare la libertà e alla libertà? Quanto sappiamo sollecitare le persone ad andare oltre la soddisfazione dei propri bisogni immediati e delle aspirazioni individuali?

Un’educazione che accompagna

Occorre, infine, riconoscere come la centralità della persona comporti la scelta di un’educazione che sappia esercitare quella che Papa Francesco chiama l’arte dell’accompagnamento. La dinamica della persona domanda figure capaci di stare a fianco, di camminare insieme, di guidare senza prendere il posto dell’altro, di far crescere, di donare senza la pretesa di ricevere in cambio. L’accompagnamento si traduce, nel concreto, in capacità di ascolto, di vicinanza, di premura, di compassione e gratuità. L’educatore che accompagna è anche colui che sa testimoniare che il crescere e vivere come persone, comporta impegno e responsabilità verso se stessi, gli altri, il mondo.

Pierpaolo Triani, Docente di Pedagogia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore

Avvenire, 4 ottobre 2023