Con la cosiddetta legge sulla 'buona scuola' (la 107 del 2015) è cambiato, tra le altre cose, anche l’esame di maturità. Sono mutati i criteri di ammissione all’esame, il rapporto tra il punteggio derivante dal curriculum dei candidati e quello risultante dall’esame (a tutto vantaggio del primo), la struttura del colloquio (eliminata la famigerata 'tesina', per valorizzare invece l’esperienza di alternanza scuola-lavoro, anche se per la maturità 2019 è prevista una deroga in merito a quest’ultimo aspetto e il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha già annunciato di voler ridurre le ore di alternanza...), è stata soppressa la terza prova (quella confezionata dalle singole commissioni). È cambiata anche, almeno sulla carta, la prima prova, il compito di Italiano, quello comune a tutti gli indirizzi. Peccato però che l’anno scolastico sia ormai iniziato e i maturandi del 2019 non sappiano ancora che cosa li aspetti. Perché il Miur non si è ancora degnato di fornire dei modelli di prova, come era stato fatto (anche allora, peraltro, non molto tempestivamente, in occasione della precedente riforma dell’esame di Stato, effettiva dalla maturità 1999).
Di 'Lettere in classe. Lingua e letteratura italiana nei nuovi esami di Stato' si discuterà per l’intera giornata di oggi a Verona, in un convegno organizzato dal dipartimento di Culture e civiltà dell’steneo scaligero, Usr (Ufficio scolastico regionale) del Veneto, Asli (Associazione per la storia della lingua italiana) sezione scuola, Adi (Associazione degli italianisti) sezione didattica, Liceo 'Messedaglia' di Verona. Tra i relatori, italianisti e docenti impegnati sui temi dell’innovazione didattica: tra gli altri, Fabio Danelon, Lucia Olini, Gino Ruozzi, Luca Serianni, Arnaldo Soldani, Corrado Viola, Alessandra Zangrandi. Una lunga lista di enti e personaggi coinvolti che, oltre a evidenziare un positivo incontro tra mondo della scuola e della ricerca, sembra anche sottolineare la preoccupazione diffusa a diversi livelli nei confronti dell’assenza di notizie certe.
Eppure le indicazioni di massima, nel quadro normativo inerente all’esame di Stato, erano già presenti nel decreto legislativo numero 62 del 13 aprile 2017. In esso, all’articolo 15, si legge: «La prima prova, in forma scritta, accerta la padronanza della lingua italiana [...], nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato. Essa consiste nella redazione di un elaborato con differenti tipologie testuali in ambito artistico, letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, economico e tecnologico. La prova può essere strutturata in più parti, anche per consentire la verifica di competenze diverse, in particolare della comprensione degli aspetti linguistici, espressivi e logico-argomentativi, oltre che della riflessione critica da parte del candidato». Insomma, tutto e niente. Sulla base di questo testo di legge non si comprende quali saranno le differenze tra il nuovo esame e quello vecchio. Rimarrà l’analisi del testo? Fino alla maturità di quest’anno era la prima tipologia di prova; si era vociferato che il ministero volesse abolirla, a vantaggio della produzione di testi di tipo argomentativo. E il saggio breve, fino a quest’anno la seconda tipologia?
Rimarrà o verrà eliminato? E se rimarrà, sarà sempre con tanti 'documenti' offerti ai ragazzi come base informativa per formulare la propria tesi? E ancora: che ne sarà del tema storico e di quello d’attualità (quest’ultimo spesso l’'ultima spiaggia' per gli studenti che scartavano le prime tre tipologie)?
Domande e dubbi che serpeggiano insistenti nelle scuole. Perché la preparazione all’esame finale non si può improvvisare all’ultimo momento. È, al contrario, un lavoro che si svolge sul lungo periodo, addirittura sull’intero triennio. Questo sarebbe l’ideale. Ma già siamo in ritardo. L’importante è, a questo punto, che non si accumuli ulteriore ritardo, aumentando così a dismisura incertezza e ansia presso i ragazzi e i professori. Urge diramare alle scuole, al più presto, dei modelli di prima prova, per capire quali siano le concrete intenzioni del Miur. Speriamo che il convegno di studi di oggi funga da sprone ai funzionari delle ovattate stanze di Viale Trastevere, affinché chi dorme finalmente si svegli e batta un colpo.
Roberto Carnero
Avvenire, 4 ottobre 2018