«La scuola deve correre» per tenere il passo dei ragazzi, che «sono allenati a vivere in un tempo dove tutto è accelerato e globale». Sono loro, gli studenti, i protagonisti principali della scuola. Lo ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ieri ha inaugurato l’anno scolastico all’istituto “Saffi-Alberti” di Forlì, con il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Una scelta precisa, quella dell’Emilia Romagna, per confermare «l’inalterata vicinanza» alle popolazioni alluvionate. Ricordando i «tanti volontari provenienti da tutta Italia», che hanno spalato fango per giorni, Mattarella ha ribadito: «Hanno dimostrato, concretamente, che l’Italia è una comunità. Che dai problemi si esce tutti insieme».
Con il contributo di tutti i soggetti sociali, soprattutto in una «grande realtà» come la scuola. Che, ha ricordato il Capo dello Stato, «non tollera esclusioni, marginalizzazioni, differenze, divari ». Come nel caso degli oltre 800mila studenti «migranti o figli di migranti stranieri», che, proprio per questa loro «peculiare condizione», sono maggiormente esposti a «ritardi e abbandoni scolastici». «Studiano da italiani, apprendono la nostra cultura e i nostri valori, e possono costituire un grande potenziale per il nostro Paese – ha ribadito il Presidente –. Dal loro positivo inserimento può dipendere parte importante del futuro dell’Italia». Perché, ha aggiunto Mattarella, «non si cresce con il necessario spirito civico nell’isolamento. Perché forme, pur non dichiarate né intenzionali, di separazione producono rischi gravemente insidiosi per l’intera società», ha ammonito.
Nel discorso del Presidente della Repubblica non è mancato un cenno ad «alcuni casi di gravissima devianza che hanno visto dei ragazzi come protagonisti». Anche a scuola, con il dilagare del bullismo e delle aggressioni agli insegnanti. «È necessaria un’azione di ampio respiro a diversi livelli – ha aggiunto Mattarella –. Con politiche volte a investire sui giovani e sul futuro, con interventi strutturali per colmare i divari tra i territori, con strategie per ampliare le opportunità e i percorsi di integrazione e di solidarietà, con la repressione dei reati, in particolare dell’attività delle organizzazioni criminali che cercano di imporsi come violenta alternativa alla vita civile, alla legalità, alle stesse istituzioni democratiche», ha sottolineato. Rilanciando l’impegno a «combattere, con sempre maggior determinazione, l’abbandono scolastico». Un pensiero, il Presidente, lo ha dedicato anche agli insegnanti, «entusiasti e volenterosi», il cui lavoro è da «incoraggiare». Anche «assicurando agli insegnanti condizioni economiche adeguate, e restituendo pienamente alla loro funzione il prestigio che compete loro nella società e che talvolta è messo in discussione da genitori che non si rendono conto di recar danno ai propri figli».
Intanto, ieri il Consiglio dei ministri ha approvato due importanti novità per la scuola. La prima riguarda l’istruzione tecnica e vede la nascita, dall’anno scolastico 2024-2025, della “filiera formativa tecnologico-professionale”. La novità principale riguardala durata del percorso di studi, che scende a 4 anni, con la possibilità di iscriversi, dopo il diploma, ai corsi biennali degli Its Academy, «a seguito di validazione Invalsi», precisa il comunicato del governo. «Oggi l’istruzione tecnica e professionale diventa finalmente un canale di serie A, in grado di garantire agli studenti una formazione che valorizzi i talenti e le potenzialità di ognuno e sia spendibile nel mondo del lavoro, garantendo competitività al nostro sistema produttivo», ha dichiarato il ministro Valditara. Ricordando i “numeri” dei posti di lavoro che, secondo i dati Unioncamere Excelsior, saranno creati entro il 2027: dalla meccatronica all’informatica, serviranno almeno 508mila addetti, ma Confindustria calcola che il 48% di questi sarà di difficile reperimento. A settembre 2023 questo dato ha già raggiunto quota 48% (+ 5 punti rispetto al 43% di un anno fa, nel 2019 era il 33%). La riforma, ha sottolineato Valditara, «ha l’obiettivo di trasformare questi numeri allarmanti in una grande opportunità per i nostri giovani».
La seconda novità di ieri è la stretta, annunciata, sul voto in condotta. Che tornerà alle medie, sarà espresso in decimi e, in caso di votazione inferiore al 6, è previsto che «il consiglio di classe deliberi la non ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato conclusivo del percorso di studi», si legge sempre nel comunicato del Cdm. Per le superiori, in caso di voto pari a 6, «il Consiglio di classe assegnerà allo studente un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale da trattare in sede di colloquio dell’esame di Stato», ricorda il governo. «Analogamente a quanto avviene per il primo ciclo, nel caso di valutazione del comportamento inferiore a sei decimi, il Consiglio di classe dovrà deliberare la non ammissione all’esame di Stato conclusivo del percorso di studi. Infine, il punteggio più alto nell’ambito della fascia di attribuzione del credito scolastico spettante sulla base della media dei voti dello scrutinio finale sarà attribuito soltanto se il voto di comportamento sarà pari o superiore a nove decimi», conclude la nota di Palazzo Chigi. «La riforma del voto in condotta – ha commentato il ministro Valditara – responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti. Prosegue con atti concreti il nostro percorso di ricostruzione di una scuola che dia valide opportunità ai nostri giovani, valorizzi i territori e offra competenze di qualità alle imprese. Nel contempo, una scuola che sia anche capace di affermare la cultura del rispetto», ha concluso il ministro.
Paolo Ferrario
Avvenire, 19 settembre 2023
(foto quirinale.it)