È una Europa che ha perso il proprio slancio iniziale, ma che non dobbiamo gettare via». È un coro unanime quello che si è levato ieri dall’Aula Magna dell’Università Cattolica di Milano in occasione dell’apertura del nuovo anno accademico.
Il primo appello parte dal pulpito della Basilica di Sant’Ambrogio dove l’arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Toniolo, Mario Delpini, presiedendo la Messa per l’ateneo, parlando di «un’Europa che sembra rassegnata al suo declino » invita gli intellettuali cattolici a «essere sentinelle che vigilano », capaci di dire parole scomode, e dovranno esporsi con parole che sappiano di Vangelo, non perché questo diventi legislatura, ma perché la sua inquietudine renda capaci di parole profetiche». Insomma dare una risposta a questa anima europea «ferita dai conflitti, predisposta alla visione di grandi idee, e sensibile all’amicizia creando legami e incontri». Poco dopo gli fa eco il rettore della Cattolica, Franco Anelli, che nel suo discorso di apertura d’anno, ricorda come da sempre gli atenei si «sono schierati per una unione in Europa» e «hanno assunto un ruolo trainante nel definire una nuova idea di cittadinanza, animata da giovani destinati per formazione, cultura, progetti di vita, propensione alla mobilità, a pensarsi e a vivere in una dimensione sovranazionale ».
Parole - quelle dell’arcivescovo e del rettore - che spianano la strada al presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, a cui è stata affidata la prolusione. «Si può cambiare questa Europa che ha perso il suo slancio iniziale – dice Tajani – ma non ha perso affatto il ruolo che deve avere per le nuove generazioni». Dunque «riscoprire la nostra anima, i nostri valori fondanti, che ci devono spingere ad andare avanti» aggiunge senza citare le spinte populiste che invece «pensando che essere patrioti significhi essere anti-europei. Al contrario io mi sento europeo perché sono italiano ». A dire il vero Tajani, più nel suo ruolo di vicepresidente di Forza Italia, poco prima della cerimonia, spara a zero sul governo giallo-verde, parlando di una «manovra che non farà crescere la nostra economia e punta all’assistenzialismo di Stato con il reddito di cittadinanza». E a chi gli chiede cosa farà l’Unione Europa davanti a questa manovra, Tajani replica secco: «Il problema non è il processo di infrazione, sono i contenuti di questa manovra che non dà risposte vere ai problemi degli italiani », tanto da «sviare l’attenzione dei cittadini su altri problemi».
Nei panni di presidente del Parlamento Europeo, Tajani allarga lo sguardo all’intera Unione, ma i toni non sono meno preoccupati. «Non possiamo dire che va tutto bene, visto che il malcontento è presente in tutti i Paesi – ammette –. Ma non possiamo pensare di affrontare le grandi sfide di oggi come singole nazioni. Nessuno, neppure la Germania, può farlo». E snocciola alcuni temi caldi come l’immigrazione («Non si può risolvere il tutto solo con misure di sicurezza»), la crisi economica («Occorre riportare al centro l’uomo puntando non solo alla ricchezza, bensì al benessere»), la pace nel Mediterraneo come quella nei Balcani («Dove non possiamo venir meno alla nostra vocazione di libertà e di pace»). Certo, ammette Tajani, quasi riprendendo le parole di Delpini, «in questo momento mancano grandi leader europei con grandi visioni ». Eppure il presidente dell’Europarlamento non è affatto pessimista. «Credo che alla fine saremo in grado di alzare la testa – dice ad una attenta platea di docenti, studenti e ospiti –, di rialzarci dopo le cadute. Anche questa volta, come in passato, lo sapremo fare perché nei nostri valori fondanti, crediamo nell’uomo. E noi dobbiamo risposte a mezzo miliardo di uomini e donne che vivono nell’Unione Europea».
E già si guarda al centenario
«Il lavoro procede intensamente, purtroppo scontando i tempi imposti da una legislazione la cui complessità non agevola un’operazione così articolata e che coinvolge più soggetti». Ancora una volta all’apertura ufficiale dell’anno accademico, il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli torna sul tema della vicina caserma Garibaldi destinata ad accogliere in futuro aule, laboratori e spazi dell’ateneo dei cattolici. Un processo «lungo» e «complesso», ma nel quale il rettore ha voluto ringraziare Comune e Prefettura di Milano per la collaborazione fino ad ora dimostrata. La caserma è ancora in servizio con la Polizia di Stato e occorre attendere che uffici e parti operative trovino altri spazi, che a loro volta devono essere preparati. «Difficile dare dei tempi » ammette il rettore a margine della cerimonia ufficiale, ma la necessità di trovare spazi per gli studenti «è questione di grande urgenza».
Del resto l’ateneo di largo Gemelli ha visto aumentare dell’1,5% i propri iscritti (13.468 solo quest’anno) e vede crescere anche il numero degli universitari stranieri che vengono a Milano per un periodo di studi nell’ambito di scambi tra atenei (4.205 di quest’anno contro i 3.971 del 2017). Un ateneo in crescita e ben piazzato nel mercato e pienamente integrato nel sistema universitario nazionale, ma che, per il fatto di essere non statale, sconta ancora la discriminazione non solo sui fondi statali, ma anche «sulla possibilità di accedere a fondi destinati ad attività di ricerca di eccellenza. Essere esclusi da fondi assegnati sulla base di una competizione di eccellenza, non è comprensibile».
Più studenti, più ricerca e necessità di più spazi anche nella relazione di apertura di quest’anno che già si proietta verso il 2021 quando l’ateneo compirà i suoi primi 100 anni: non una operazione nostalgia, ma una fase di preparazione «dei prossimi 100». Forte il tema del futuro europeo in questa apertura di anno accademico, con la prolusione affidata al presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani. Uno scenario e un orizzonte nel quale la Cattolica crede e al quale, avverte l’arcivescovo di Milano Mario Delpini nel suo intervento come presidente dell’Istituto Toniolo, «i giovani devono aiutare a curare l’anima ferita di questa Europa». Ferita, ma non destinata a morire, concordano all’unisono le voci levatesi dall’Aula Magna della Cattolica.
Enrico Lenzi
Avvenire, 20 novembre 2018