Il fatto che il Verbo di Dio si sia incarnato e sia divenuto veramente uomo, comporta che Gesù sia stato veramente bambino e che sia stato davvero educato. Il fatto che i Vangeli siano assai parchi nel narrare episodi relativi all’infanzia di Gesù e diano pochissime indicazioni sullo stile educativo di Maria e Giuseppe, non vuol dire che il loro ruolo non sia stato importantissimo anche in questo senso. Del resto Luca scrive che Gesù «stava loro sottomesso», come si conviene a un figlio nei confronti dei genitori. Anche le altre persone riconoscevano nella Sacra Famiglia i ruoli familiari che competono ai genitori secondo natura, tant’è che Gesù veniva identificato come «il figlio del carpentiere».
Potremmo chiederci in che modo il ruolo educativo di Maria lasci un’impronta nella storia della Salvezza. Va precisato che la narrazione evangelica si concentra soprattutto sulla vita pubblica di Gesù che, all’inizio della propria missione, non solo è pienamente uomo in quanto persona adulta, ma anche in quanto pienamente consapevole della propria missione. Bisogna pertanto distinguere il ruolo di Maria come educatrice di Gesù bambino da quello descritto dai Vangeli, quando ella si fa «discepola» del Figlio ormai adulto.
Ciò che possiamo intuire dai racconti dell’infanzia di Gesù è che il ruolo educativo dei genitori sia stato esercitato con la pienezza umana propria del mistero dell’Incarnazione: pur essendo un bambino «speciale», Gesù è stato umanamente istruito, non solo nell’arte del carpentiere, ma anche rispetto alla vita di fede del buon ebreo, di cui i genitori condividevano le tradizioni, ma anche lo spirito, compreso l’affidamento filiale all’amore di Dio, che è anche il modo con cui Maria stessa ha accolto la propria vocazione. Divenuta la prima discepola di Gesù adulto, Maria lo accompagna con affetto materno fino alla Croce, mutando il proprio ruolo, come si conviene a un educatore che esercita un’autorità educativa solo fino al momento in cui la persona affidatagli diviene pienamente autonoma: si tratta di un passaggio importante in un rapporto educativo, che i Vangeli non narrano, ma che si coglie essere avvenuto dal modificato rapporto.
Naturalmente tutto questo non cancella la profonda intimità, tipica del rapporto madre–figlio, che si coglie in alcuni episodi evangelici, come quello delle nozze di Cana, e nella discreta presenza di colei che era abituata a serbare molte cose nel proprio cuore. Dal legno della Croce Gesù affida alla Madre–discepola un compito che si colloca nell’ordine soprannaturale, quello di esercitare la propria maternità nei confronti nostri, della Chiesa e di ciascuno dei discepoli. In questo Maria–Madre della Chiesa – si fa nuovamente educatrice nella fede ed esercita tanto quel ruolo speciale di intercessione nei confronti del Figlio, quanto quello di vicinanza affettuosa per cui la sentiamo sempre vicina. Ciascuno di noi vive in modo peculiare la propria devozione mariana, ma in generale emergono alcuni atteggiamenti ricorrenti, per cui viene più spontaneo rivolgersi a Gesù per chiedere perdono per i propri peccati, e a Maria per essere soccorsi nelle nostre fatiche umane, tanto che ciascuno di noi le chiede (al termine dell’Ave Maria) di starci ancora più vicina, nell’ora della morte, come fu vicina al Figlio, nell’ora suprema in cui si compiva il suo dono per la nostra salvezza.
Andrea Porcarelli
Avvenire BolognaSette, 6 maggio 2018