Nell’emergenza coronavirus, i bambini piccoli sembrano non essere considerati, come se non esistessero, come se la loro limitatezza fisica creasse quasi una sorta di dimenticanza. Sono talmente piccoli che possono stare lì, davanti a una televisione, appiccicati alla mamma, chiusi in casa per mesi e mesi come se fosse la cosa più normale di questo mondo. La fascia 0–6 anni è l’età più importante: si creano tutti gli automatismi neuromotori, psicoevolutivi, emotivi e comportamentali con cui, per il resto della vita, dovremo convivere.
I bisogni infantili in questa fascia di età, specialmente 2–6, sono molto ben definiti: il bisogno motorio, che crea le strutture del linguaggio, della lettura e della scrittura ed è alla base di tutti gli apprendimenti; il bisogno sociale, in quanto l’interazione con i compagni crea quell’autoregolazione che permette di passare dalla frustrazione – connessa al fatto che il compagno ti segna un limite – alla capacità di collaborare. Quest’ultima è legata all’interiorizzazione della frustrazione che riduce l’onnipotenza e permette al bambino di acquisire capacità relazionali adeguate. Infine, il bisogno di autonomia, di fare da solo, ossia la possibilità di allontanarsi dal controllo degli adulti e di mettersi alla prova in modo che le capacità personali vengano sviluppate. Questi tre bisogni profondi appaiono alterati da una situazione in cui i piccoli sono costretti in casa e specialmente non possono stare con i compagni perché le scuole sono chiuse. Nei casi peggiori i bambini subiscono una dose eccessiva e invadente di videoschermi, di tv e di monitor che sedano la voglia di crescere o la interrompono letteralmente. Se i bambini continuassero ad essere chiusi in casa fino a settembre sarebbe un danno enorme per loro che pagheremmo carissimo sul piano del nostro futuro.
I genitori sono in difficoltà. Sembrava una faccenda più semplice, specialmente più breve. Ma ora, dopo ormai un mese e mezzo, che le scuole sono chiuse, che tante Regioni non consentono loro nemmeno di fare una passeggiata, che molte famiglie dispongono di 60 m2, se va bene 80, e magari nel palazzo i simpatici condomini non lasciano giocare i bambini nel cortile, crescono tensioni e nervosismo. Ricevo tante mail di genitori preoccupati – Ce la farò? Come gestisco il mio bambino, la mia bambina sempre più triste, o arrabbiato?
È impensabile lasciare i genitori da soli ad affrontare questa situazione, peraltro una generazione di genitori già fragili, che fa fatica a trovare la giusta distanza educativa. L’apporto degli Asili Nido, delle Scuole dell’Infanzia, dei Centri Educativi o Sportivi, degli Oratori, è determinante per sopperire anche a queste carenze. Improvvisamente si sono trovati senza sponde, senza assist istituzionali, pubblici, comuni, collettivi. Intendiamoci: il virus è spietato. Io stesso ho subito la sua violenza restando chiuso in casa tre settimane con febbre e polmonite. Ringraziando Dio me la sono cavata, ma non a tutti è andata così.
Ritengo comunque che un blocco di crescita nei più piccoli sia un pericolo grave che merita la stessa attenzione delle complicazioni virali. I tecnici del settore, assieme ai genitori, stanno proponendo di trovare i necessari dispositivi – come accade in Europa – per dare gradualmente ai bambini lo spazio necessario ai loro bisogni profondi. Perché un mese di vita di un bambino di 3–4–5 anni, corrisponde a un anno di vita, se non di più, di un adulto.
Non possiamo accontentarci del fatto che mentre l’adolescente scalpita il bambino è sostanzialmente tranquillo con il genitore, è vero che si adatta, ma spesso in maniera puramente passiva. Intanto il tempo passa e la sua crescita ne può risultare compromessa.
Ho lanciato un appello affinché il governo crei un gruppo di lavoro di esperti, dove siano presenti pedagogisti, psicologi dell’età evolutiva, tecnici dell’organizzazione scolastica che individuino le soluzioni adeguate per uscire da questo pericoloso impasse. Non si può assolutamente permettere che i bambini rimangano chiusi in casa per altri mesi. Il danno sarebbe impensabile. Riconosciamo ai bambini i loro bisogni e troviamo la giusta misura per riaprire la loro vita.
Daniele Novara
Avvenire, 24 aprile 2020