L’università esce da aule e laboratori, si “immischia” nel territorio diventando protagonista della “crescita inclusiva” del Paese, attraverso l’ascolto, il dialogo e la collaborazione con la società. Sono in costante crescita i progetti di “public engagement” promossi dagli atenei di tutta Italia e oggi riuniti nella rete Apenet, nata a marzo per iniziativa di 36 università e due enti di ricerca, con l’obiettivo di mettere a sistema e condividere le buone pratiche di responsabilità sociale.
Una sfida per le stesse università, come spiega Francesca Cognetti, delegata del Rettore del Politecnico di Milano alla Responsabilità sociale per il territorio, sollecitate a «mettersi in discussione rispetto al ruolo di esperto: ci sono conoscenze del territorio che dobbiamo imparare ad ascoltare», spiega la docente. Per farlo, il Politecnico ha aperto una “succursale” nel popolare e problematico quartiere San Siro. Trenta metri quadrati, un’antenna sul territorio, dove per tre anni, dal 2013 al 2016, ha svolto ricerca sul campo con i propri studenti e ricercatori, coinvolgendo direttamente sedici partner locali: dall’associazione delle mamme, alla banda, dal comitato di quartiere alla scuola elementare.
È nata così una ricerca che ha prodotto un’immagine meno stereotipata del quartiere dove convivono diverse fragilità: famiglie straniere, anziani soli, disabili psichici, famiglie monogenitoriali e mono reddito. «A questo tavolo permanente tra i piccoli soggetti del territorio – aggiunge Cognetti – stiamo lavorando alla ricostruzione della polis, del rapporto tra le istituzioni e la popolazione, attraverso lo sviluppo di microprogetti». Alla rinascita di un quartiere popo-lare, il Santa Maria di Pisa, sta lavorando anche l’Università di Sassari, con il laboratorio Foist per le politiche sociali e i processi formativi. «Sollecitati dalle associazioni – spiega Andrea Vargiu, docente del Dipartimento di Scienze umanistiche e sociali – siamo intervenuti assegnando ai nostri studenti “tesi di servizio”, con cui approfondire specifici aspetti della vita di questo quartiere di edilizia popolare. Sulla base delle esigenze espresse dai cittadini, abbiamo individuato cinque linee strategiche di sviluppo che stiamo portando avanti in collaborazione con le scuole, le associazioni e il comitato di quartiere».
Tra le prime a dotarsi di un Piano strategico di terza missione, l’Università di Bergamo festeggia i 50 anni di attività finanziando progetti per mezzo milione di euro. «Anche così vogliamo sollecitare i nostri docenti a interagire col territorio», sottolinea Rossana Bonadei, docente di Lingua e letteratura straniera, ricordando i ventuno progetti di public engagement finanziati nel 2018, tra cui uno che coinvolge direttamente i detenuti del carcere, attraverso percorsi artistici che favoriscano il loro recupero sociale.
Alle piccole imprese del territorio guarda, invece, l’Università di Ferrara che ha emesso un bando con la locale Camera di Commercio per «valorizzare in chiave economica i prodotti dei nostri gruppi di ricerca, attraverso progetti sostenuti dalle associazioni di categoria», spiega Adele Del Bello, responsabile ripartizione ricerca dell’ateneo.
Attività che all’Università di Torino, primo caso in Italia, raccontano al pubblico attraverso Frida, il Forum della ricerca di ateneo (http://frida.unito.it), «un portale che crea un canale diretto con il pubblico», spiega Andrea De Bortoli, responsabile della valorizzazione della ricerca. «Frida – sottolinea è un nuovo storytelling della ricerca e racconta il lavoro che sta dietro ai risultati. Il portale si rivolge ai cittadini, alle scuole, alle istituzioni culturali, alle imprese e ai media, affinché ciascuno possa sentirsi incluso nel progresso scientifico e tecnologico».
Paolo Ferrario
Avvenire, 10 giugno 2018