UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Le piccole scuole, un patrimonio di valori. Così resistono all’inverno demografico

Del futuro di queste realtà si è parlato in un convegno a Belluno
18 Dicembre 2023

Quando si parla di edilizia scolastica, di solito ci si preoccupa (giustamente) della sicurezza degli edifici, della loro accessibilità e funzionalità e della mole di burocrazia che tutto questo si porta dietro.

Ma quanti pensano, per esempio, che la scuola, intesa come edificio, come “oggetto”, possa anche avere una “responsabilità”, verso chi la abita, che non è soltanto “funzionale” o “tecnico-prestazionale”? Oppure che la scuola rappresenti uno degli asset dell’“economia di prossimità”? E che la bellezza sia un potente fattore di apprendimento? Insomma, una nuova narrazione della scuola italiana è possibile e le parole per imbastire questo racconto arrivano dai territori, quelli più periferici e (a volte) dimenticati dai centri decisionali. È qui che, nonostante l’inverno demografico, esistono e resistono le piccole scuole, presidi sociali di paesi che combattono lo spopolamento e per i quali la scuola fa davvero la differenza tra continuare a vivere o diventare l’ennesimo “borgo fantasma” di cui sono piene le zone di montagna.

Proprio dalle “terre alte” prende l’abbrivio questo movimento che sta cambiando, dal basso, il modo di “fare scuola”, perché è qui che «il virus dell’innovazione attecchisce bene», ha sottolineato la presidente dell’Indire, Cristina Grieco, intervenuta al convegno “Piccole scuole, piccoli comuni: proposte per il futuro”, promosso venerdì e ieri a Belluno dall’Istituto nazionale documentazione innovazione e ricerca educativa, con l’Università Iuav di Venezia. Una due giorni per raccontare una realtà piccola, per le dimensioni delle singole scuole che rappresenta, ma non certamente marginale per il sistema nazionale d’istruzione. Secondo l’ultima versione dell’Atlante delle piccole scuole in Italia, pubblicato la scorsa estate dall’Indire, si parla di 11.627 istituti e quasi 650mila studenti, «fortemente rappresentativi del primo ciclo d’istruzione».

Soltanto nel Veneto, oggetto di una ricerca a parte presentata al convegno di Belluno, le piccole scuole sono 830 con 63.732 alunni, pari al 32,9% degli istituti e al 18,3% degli studenti della regione. Una vera e propria rete territoriale (la Rete Scuole Montagna Veneto) che negli anni è diventata un potente fattore di contrasto alla dispersione scolastica. «Nelle scuole medie di montagna non abbiamo i picchi di fragilità emotiva degli adolescenti misurati nelle città», ha sottolineato il coordinatore della Rete, Umberto De Col. Che ha chiesto una maggiore attenzione per questi istituti sia in termini di risorse per il tempo pieno che sul versante dei trasporti pubblici, «di scarsa qualità, costosi e carenti». Perché una piccola scuola di montagna può sopravvivere se per raggiungerla non si è ogni giorno costretti a viaggi che diventano odissee su strade improbabili.

A farle funzionare ci pensano poi dirigenti e insegnanti appassionati che si inventano l’«adesione emotiva dello spazio» per far convivere e cooperare, in una pluriclasse, sei alunni, di cui una straniera, di tre età diverse. Succede sull’Isola di Sant’Erasmo di Venezia, dove un preside proveniente da Ischia, Michelangelo Lamonica, sta facendo di tutto per tenere aperta la scuola, là dove non c’è più neppure un bar. Riuscendo a convincere l’assessore regionale all’Istruzione, Elena Donazzan, che ha voluto rendersi conto di persona del lavoro prezioso di questa piccola realtà della laguna, decidendo che sì, ne vale la pena. Anche scontrandosi con il nuovo dimensionamento che tanti timori sta generando tra gli educatori della montagna. Ma siccome si possono chiudere le scuole ma non i paesi, il preside di Bosco Chiesanuova, Alessio Perpolli, ha ben pensato di «trasformare il paese in scuola», inventando una sorta di didattica itinerante, con i bambini a fare lezione per le vie e le piazze del paese, mentre la vita scorre. Una scuola diffusa, «permeabile verso l’esterno», come ha ricordato l’architetto Flavia Vaccher dello Iuav, autrice della mappatura delle piccole scuole venete. Che ha lanciato la proposta di «utilizzare gli spazi della scuola per i servizi alla comunità», facendo leva sulla creatività necessaria di chi cerca di resistere nuotando controcorrente. Una tenacia indomita che diventa «valore» per l’intera comunità, ha sottolineato la ricercatrice Indire, Jose Mangione, che ha raccolto più di 700 Patti educativi territoriali, che coinvolgono piccole scuole. Uno scrigno di buone pratiche che diventa patrimonio di tutto il Paese.

Paolo Ferrario

Avvenire, 17 dicembre 2023