La violenza a scuola che, con cadenza quotidiana, riempie da qualche settimana le cronache (in alcuni casi, anche se si tratta di fatti accaduti diverso tempo fa) è un aspetto da affrontare con fermezza e con cui fare i conti. Eppure, ciò non può cancellare il racconto di una realtà che resta per larghi tratti positiva e che da tempo documentiamo con continuità. Adesso occorre testimoniare anche gli sforzi di chi, spesso partendo da errori, sottovalutazioni e soprusi subiti, sta provando a invertire la rotta, mettendosi in discussione in prima persona. Sono le storie di dirigenti scolastici e genitori che provano a ritrovare un’alleanza perduta, di adolescenti chiamati a ritrovarsi nonostante le prepotenze subite e di istituzioni che stanno sul territorio e scelgono di contrastare il degrado crescente.
Qui Vicenza
Le violenze sottovalutate «Bisogna reagire insieme»
«La fiducia? La scuola, ogni scuola, se la deve guadagnare ogni giorno sul campo. Di scontato non c’è più nulla». Luciana Bassan è preside alla scuola media Don Milani di Zanè, centro dell’alta provincia di Vicenza. Il suo è il racconto di come una crisi educativa che inizialmente ha visto insegnanti e genitori su posizioni opposte possa essere gestita in modo costruttivo. È una vicenda, quella di questo Comune veneto, paradigmatica della situazione di incomunicabilità che si è venuta a creare in questi mesi in diversi istituti della penisola: nello stesso punto, fornisce spunti interessanti per trovare soluzioni condivise, a partire dalla corresponsabilità educativa che deve unire docenti e famiglie.
Tutto nasce due mesi fa, con un controverso caso di bullismo scoppiato nella scuola, che ha generato un conflitto pesante fra insegnanti e genitori. Oggi la dirigente scolastica racconta le azioni messe in campo dall’istituto, in collaborazione con l’amministrazione comunale e l’Ulss 7 Pedemontana, per provare a risolvere una situazione quanto mai delicata, tutt’altro che risolta, e che per settimane ha tenuto banco sulla stampa locale.
I fatti, su cui i carabinieri della compagnia di Thiene stanno indagando su mandato della Procura per i minorenni di Venezia, iniziano a ottobre. Quello che sembrava un episodio di tensione a base di spintoni tra i maschi di due classi terze, dopo il primo incontro del percorso di educazione all’affettività, e le parole di un alunno, assume contorni ben più preoccupanti. Si configurano profili di violenza, anche a sfondo sessuale. Gli insegnanti sottopongono un testo alle classi, allo scopo di vederci più chiaro. Chiedono ai ragazzi di descrivere l’accaduto e la loro reazione rispetto ai fatti accaduti: emerge che quattro scolari avrebbero subito continuativamente prese in giro, mortificazioni, fino alla violazione dell’intimità.
È qui che le strade delle scuole e dei genitori si dividono. Per l’istituto sospendere i due presunti responsabili non sosterrebbe la crescita dei ragazzi: la scuola sceglie così un percorso con una psicologa per arrivare, al termine dello stesso, alle punizioni come extrema ratio. Nel frattempo però la tensione tra i genitori cresce: il caso viene raccontato dai media locali, padri e madri dei bulli vengono presi di mira, in molti chiedono alla scuola una punizione esemplare, immediata. Ai gravi fatti che hanno riguardato gli studenti, si somma perciò una seria spaccatura nel mondo degli adulti. «Per la nostra scuola – riprende la dirigente Bassan – si è trattato e si tratta di una forte crisi. Abituati a gestire le relazioni con le famiglie con una forte empatia, ci siamo trovati a non riuscire più a dialogare». È qui che entrano in gioco le istituzioni e il team di psicologi della Fondazione Acta, che si è fatta carico di riaccendere la comunicazione in otto incontri, prima in ambito ristretto e poi mettendo faccia a faccia insegnanti e genitori. Infine il lavoro di analisi e sviluppo che ha portato alla definizione di un protocollo antibullismo presentato il 17 aprile a tutta la scuola che ora verrà adottato dal consiglio d’istituto.
«Ora si apre un intenso lavoro di prevenzione – conclude la preside – attraverso il progetto regionale 'Scuola aperta', ma anche potenziando la relazione con le famiglie, che spesso si trovano disarmate di fronte a ragazzi problematici. È fondamentale rimettere al centro l’alleanza educativa tra adulti: troppo spesso oggi, l’alleanza è tra genitori e figli e mette nel mirino proprio la scuola».
Luca Bortoli
Avvenire, 24 aprile 2018
Nelle pagine allegate le esperienze di Milano e Macerata.