Una vita salvata dall’amore. Si potrebbe racchiudere in questa frase la storia di Joyce, scappato dalla guerra civile in Mali e accolto da una comunità di sconosciuti in Sicilia. Sconosciuti ma pronti a conoscere, e poi ad abbracciare quel ragazzino sbarcato con il cuore colmo di paura e di domande in una terra di cui ignorava l’esistenza e che oggi è la sua patria d’elezione. Ha 15 anni quando, nel 2016, Joyce giunge a Caltanissetta dopo avere attraversato assieme ad altri giovanissimi il Mediterraneo su un barcone che a pochi chilometri dalle coste siciliane si rovescia ma viene avvistato e rimorchiato dalla Guardia costiera.
È la storia delle migliaia di minori non accompagnati che sbarcano nel nostro Paese ogni settimana. La sua prosegue con l’arrivo nel centro di accoglienza e dopo pochi giorni l’ingresso nella scuola media Martin Luther King, un luogo speciale con insegnanti speciali che fanno a gara per farlo sentire a casa: regali, libri, disegni, compagni che s’improvvisano tutor. Tutto allora diventa più facile: imparare la lingua italiana, familiarizzare con un sistema scolastico così diverso da quello del Mali, frequentare le case dei compagni di classe e dissipare l’iniziale titubanza di qualche genitore. Nel percorso di Joyce c’è anche la sorpresa di un nuovo amico, venuto come lui dall’Africa e come lui accolto nella comunità scolastica: Penny, nigeriano, accomunato dalla medesima indicibile sofferenza, dal medesimo desiderio di riscatto e dalla medesima speranza in un’esistenza migliore. Joyce è musulmano, Penny cristiano, l’amicizia tra loro diventa l’emblematica testimonianza del fatto che il desiderio di felicità che vibra nel cuore di ogni persona è un collante più forte di qualsiasi differenza.
Nella scuola Martin Luther King la presenza di Joyce, Penny e di altri giovani migranti diventa per gli insegnanti l’occasione per costruire percorsi didattici innovativi basati sulla valorizzazione delle culture, sullo scambio reciproco e su uno stretto rapporto con le famiglie e col territorio. È un patrimonio educativo che trova espressione anche nel progetto “Scuola e persona” e ottiene un pubblico riconoscimento, quando l’istituto nisseno risulta tra i vincitori del concorso nazionale organizzato dall’Istituto nazionale del dono, e Joyce e compagni sono ricevuti in udienza da Papa Francesco. Anche il Meeting di Rimini coglie in quello che accade in quella scuola un esempio virtuoso che è stato valorizzato nella mostra “Nuove generazioni. I volti giovani dell’Italia multietnica”, che ha raccontato a migliaia di visitatori la vita e le attese dei “nuovi italiani”. In un video realizzato per l’occasione Joyce sintetizza in poche parole il valore dell’esperienza che sta facendo: «Ho imparato che non c’è integrazione senza amicizia”» Sono passati sette anni dalla fuga dal Mali, Joyce è stato raggiunto in Sicilia dalla fidanzatina che è diventata sua moglie. Questa storia che assomiglia a una favola viene ora raccontata da Marilena Pelonero, una delle insegnanti che ha accolto Joyce, in un piccolo libro che nel titolo racchiude il senso di un’esperienza: “Abbracci”.
Nell’introduzione il magistrato Giovanbattista Tona scrive parole sagge: «Gli insegnanti di Joyce e Penny non si sono chiesti se fosse meglio aiutarli a casa loro o inserirli in complesse progettualità politiche di integrazione. Erano lì e li hanno aiutati, con gli strumenti che avevano e con quelli che si sono inventati. Sorretti dalla forza dell’amore: amore verso il loro lavoro, amore per le vite che crescono, amore per tutte le manifestazioni dell’umanità».
Giorgio Paolucci
Avvenire, 27 agosto 2023