Ogni volta che il fenomeno della devianza giovanile imperversa, viene immancabilmente chiamato in causa il mondo della scuola. Lo sanno bene in Campania, dove alla preoccupante escalation di violenza fra le cosiddette baby gang si tenta di rispondere con un progetto che ha al centro proprio le istituzioni scolastiche. 'Scuola viva' è il grande piano della Regione Campania che prevede l’apertura delle scuole regionali oltre le normali ore curricolari ed entra nel suo terzo anno di attività. Oltre 450 istituti scolastici coinvolti per un totale di 400mila studenti, 128mila ore extracurricolari, 2.857 moduli sono i numeri dei primi due anni. Il progetto riesce a coprire metà del territorio regionale, se si conta che molti istituti sono spalmati su più comuni, con una presenza costante in quelli che sono i quartieri più difficili della regione, lì dove imperversa il crimine. Cento i milioni investiti dalla Regione attraverso il Fondo sociale europeo e altri 25 pronti per un quarto anno, inizialmente non previsto.
«Si parla tanto di scuola come contrasto all’illegalità, ma bisogna poi ricordarsi di supportarla davvero. Bisogna parlare di meno e fare più fatti: è quello che noi abbiamo cercato di fare con questo progetto », rivendica l’assessore all’Istruzione della Regione Campania, Lucia Fortini. Gli istituti aderenti a 'Scuola Viva' sono aperti anche a luglio, a rappresentare un vero e proprio presidio sul territorio anche in estate. «Quando abbiamo iniziato due anni fa – spiega Fortini – non pensavamo per forza a un’azione sistematica per strappare i ragazzi al crimine organizzato, bensì a un piano all’avanguardia per una scuola più moderna e più aperta. È chiaro tuttavia che, in un contesto simile percorso da tali ferite, noi siamo pronti a fare la nostra parte. Bisogna solo stare attenti a non caricare la scuola di troppe responsabilità. Ogni istituzione deve collaborare per la sua parte e fondamentale è il ruolo dei genitori: in certi contesti devi per forza portare le madri dalla tua parte per potercela fare».
È quello che sta cercando di fare a Scampia, il quartiere di Napoli simbolo del degrado e dello strapotere della camorra, Lucia Vollaro, preside dell’istituto comprensivo 'Virgilio 4'. Un’insegnante coraggiosa che ha rifiutato una brillante carriera a Bruxelles per insegnare nelle zone più difficili della sua terra. Grazie a 'Scuola viva' gli alunni del suo istituto hanno potuto partecipare a moduli di falegnameria, fotografia, teatro. Ma il grande progetto scolastico della Regione Campania ha coinvolto anche chi a scuola non ha voluto andarci da giovane e ora vuole rifarsi.
È il caso dei detenuti che studiano nella scuola per adulti del carcere di Poggioreale. Grazie a 'Scuola viva', hanno partecipato a un progetto sul cinema in collaborazione con Arci Movie. Ma tutto questo pare non basti in certi quartieri in cui l’abbandono scolastico raggiunge picchi spaventosi e in cui è più alto il rischio che i ragazzi prendano brutte strade. Così, quando alcuni insegnanti hanno confessato all’assessore Fortini che 'Scuola viva' sì funziona, ma che resta difficile coinvolgere gli studenti più recalcitranti nella scuola del mattino, si è allora pensato a un ulteriore progetto che vedrà come protagonista il terzo settore. Si tratta di 'Scuola di comunità', grazie al quale questi studenti saranno seguiti costantemente da tutor specializzati. E, se serve, letteralmente presi e portati a scuola. Sempre con lo stesso obiettivo: combattere la dispersione scolastica, che tradotto vuol dire sottrarre i ragazzi alla delinquenza.
Antonio Averaimo
Avvenire, 20 luglio 2018