UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il senso di Matteo per la matematica

«I problemi sono una forma d’arte»
23 Luglio 2022

In seconda elementare recitava a memoria le tabelline (compresa quella, difficilissima, del 7) e si interessava alla «divulgazione scientifica». Alle medie era già passione vera e, al compleanno, si faceva regalare libri sulla “Matematica creativa”, con rompicapo da fare venire il mal di testa agli adulti. Ma non a lui. Quella di Matteo Damiano per i “numeri” è un’attrazione feroce, che lo porta persino a immaginare “viaggi” nell’astrazione più pura dove addirittura «due rette parallele potrebbero incontrarsi» o «2 più 2 non fare 4». Non è per caso, insomma, che questo 19enne, neo maturato con 100/100 al Liceo scientifico “Galileo Ferraris” di Torino sia lo studente italiano più bravo in Matematica e vincitore di medaglia d’oro alle recenti Olimpiadi di Oslo, dove ha totalizzato 41 punti su 42 disponibili, miglior risultato di sempre per un italiano, piazzandosi all’undicesimo posto assoluto su oltre 600 concorrenti di 100 Paesi diversi. «A scuola ho sempre preso 10, mentre alle Olimpiadi ci sono stati problemi che non sono riuscito a ri- solvere, ma quelli sono molto più difficili», sottolinea lo studente, che in agosto farà il test per entrare alla Scuola Normale di Pisa, tenendosi comunque Matematica come carta di riserva.

«Rispetto alle altre discipline scientifiche – spiega Matteo – la Matematica ha il fascino dell’astrazione, dove le regole, per certi versi, le decide il matematico stesso. È un po’ come addentrarsi in uno spazio sconosciuto, immaginare come potrebbe essere la vita su Marte», aggiunge questo “mago dei conti”, che ragiona di «numeri immaginari » e di «Matematica come forma d’arte». Concetto che magari sfugge alla maggioranza degli studenti ma che riesce quasi ad emozionare questo ragazzo torinese. «Non bisogna avere paura della Matematica, perché quando la capisci è capace di dare anche delle grandi soddisfazioni. È persino divertente », assicura Matteo. Quasi a incoraggiare i propri coetanei che magari non sono esattamente dei fan di Pitagora ed Euclide, preferendo a teoremi e problemi i campi di calcetto. «Io sono più bravo coi numeri che col pallone », ammette il nostro campione. Che, però, ci tiene a sottolineare di non «essere un Nerd», ma un giovane «normalissimo» che, semplicemente, si diverte a svolgere equazioni e, soprattutto, a immaginare di risolvere i «tanti problemi» ancora irrisolti, alcuni dei quali impegnano studiosi di tutto il mondo da decenni.

«Esistono problemi, come l’ipotesi di Riemann sui numeri primi, ancora irrisolti dopo due secoli di studi», racconta questo studente “esploratore” dei numeri, che ha contagiato anche il fratello di un anno più piccolo, anch’egli studente al “Ferraris”. «Ma lui non è bravo come me», si affretta ad aggiungere, confermando lo spirito competitivo che l’ha portato a primeggiare alle Olimpiadi matematiche di Oslo. Dove, oltre all’oro di Matteo, la squadra italiana ha portato a casa un secondo oro, due argenti e due bronzi. Un medagliere che ha permesso al nostro Paese di piazzarsi al decimo posto nella graduatoria per Nazioni a pari merito con Israele.

La nostra nazionale era, però, composta esclusivamente da concorrenti maschi, confermando così la storica ritrosia delle ragazze per le materie cosiddette Stem (dall’inglese Science, Technology, Engineering, Mathematics), scelte soltanto da circa il 22% delle studentesse universitarie. In crescita rispetto al passato ma, pur sempre in netta minoranza rispetto ai colleghi uomini. «Non so spiegare questa differenza – ammette Matteo Damiano –. Forse – ipotizza – la nomea di “secchioni”, se non proprio di “Nerd” che da sempre perseguita gli studenti bravi in Matematica, non è facile da accettare per una ragazza. La Matematica – conclude Matteo – dovrebbe, invece, essere conosciuta e apprezzata di più. Perché è capace di aprire la mente verso orizzonti nuovi, che magari non esistono nemmeno. Ma è proprio questo che la rende così affascinante».

Paolo Ferrario

Avvenire, 23 luglio 2022