«Bisogna ricostruire» il «patto educativo tra scuola, famiglia e giovani » che «si è rotto». È il richiamo che giunge da papa Francesco nell’udienza al gruppo di Chierici regolari poveri della Madre di Dio delle scuole pie, conosciuti comunemente come scolopi. Durante l’udienza di venerdì mattinata nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Pontefice parla di educazione a braccio e in spagnolo.
«Educare in questo momento è una cosa molto seria» ed «è una grande sfida», afferma. Francesco chiede di coinvolgere «necessariamente la famiglia » che nell’educazione «non può essere assente». «È vero – prosegue – che ci sono famiglie distrutte, ma nei ragazzi si possono ricomporre molte cose». Poi il riferimento ai docenti. Occorre «contribuire al riconoscimento degli insegnanti che danno la vita e che in molti Paesi sono quelli peggio pagati. Ci sono insegnanti che devono fare il doppio turno per poter avere uno stipendio dignitoso». Francesco sollecita un «triplice dialogo»: dialogo tra la famiglia e i docenti, tra la famiglia, tra la scuola e i ragazzi.
Quindi Bergoglio invita a «un’educazione completa». Serve «uscire dall’eredità che ci ha lasciato l’Illuminismo, ossia che educare significa riempire la testa di concetti ». Invece, avverte il Papa, «educare è far maturare la persona mediante i tre linguaggi: il linguaggio delle idee, il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. Ci deve essere armonia tra loro, ossia i nostri studenti devono sentire quello che pensano e fare quello che pensano e sentono». E afferma: «Aggiungerei - il che è fondamentale oggi - che la gioventù va educata in movimento: la gioventù statica, oggi, non esiste, e se non la mettiamo in movimento noi, la metteranno in movimento mille cose, soprattutto i sistemi digitali, che rischiano, in questa “velocità liquida e gassosa” della nostra civiltà - ed è il terzo punto che voglio toccare - di togliere le radici ai ragazzi».
Secondo Francesco, «i ragazzi oggi crescono senza radici». O meglio, «le hanno ma non le fanno proprie», «non le lasciano crescere», «non le lasciano consolidare». Da qui l’urgenza di «rafforzare le radici ». Come? Facendo sì che «i giovani parlino con gli anziani», ad esempio promuovendo «il dialogo tra nonni e nipoti».
Avvenire, 12 novembre 2017