Per i credenti l’emergenza quotidiana o, meglio, «la vicenda » dei migranti, rappresenta una sfida, cioè «una provocazione alla fede e all’amore». Una sollecitazione a «sanare i mali derivanti dalle migrazioni e a scoprire il disegno che Dio attua in esse, anche qualora fossero causate da evidenti ingiustizie». Un «segno dei tempi» nei confronti del quale i riferimenti sono «quattro pietre miliari», quattro verbi che riassumono l’impegno della Chiesa cioè «accogliere, proteggere, promuovere e integrare». Così il Papa nel discorso rivolto ai membri della Federazione internazionale delle Università Cattoliche (Fiuc) ricevute in Vaticano. Punto di partenza il convegno promosso alla Pontificia Università Gregoriana (14 novembre) sul tema “Rifugiati e migranti in un mondo globalizzato: responsabilità e risposte delle università”. Simposio che ha ribadito una volta di più come il dato comune a tutti questi Atenei, sia il desiderio di rispondere all’interrogativo etico sollevato dall’enciclica sociale di papa Francesco Laudato si’. In particolare, come riporta L’Osservatore Romano, il gesuita padre Pedro Rubens Ferreira Oliveira, rettore dell’Università Cattolica brasiliana del Pernambuco e presidente del Fiuc ha ricordato che si sta promuovendo una riflessione sul fatto che nelle stesse città in cui sorgono i 'campus' vivono comunità di migranti e rifugiati: bambini, donne e uomini che rischiano di rimanere soltanto cifre e numeri di cui si occupano le scienze sociali e intorno alle quali si organizzano seminari di studio.
Ma questo non basta, ha detto il Pontefice, occorre invece «proporre» veri e propri «itinerari di formazione delle coscienze» se è vero che l’accoglienza dei migranti sta suscitando anche in Paesi di antica tradizione cristiana «reazioni negative di principio, a volte anche discriminatorie e xenofobe». Di qui il richiamo alla vocazione specifica degli Atenei cattolici, che sul tema delle migrazioni rimanda a tre ambiti di competenza del mondo accademico di ispirazione cristiana, cioè quello della ricerca, quello dell’insegnamento e quello della promozione sociale.
Il primo, che ha come criterio operativo il dialogo tra ragione e fede, chiama la realtà universitaria a «ulteriori studi sulle cause remote delle migrazioni forzate, con il proposito di individuare soluzioni praticabili, anche se a lungo termine, perché occorre dapprima assicurare alle persone il diritto a non essere costrette ad emigrare» Ma, avverte il Papa, «altrettanto importante» è «riflettere sulle reazioni negative di principio» al loro arrivo, così come valorizzare i «molteplici apporti dei migranti e dei rifugiati alle società che li accolgono, come pure quelli di cui beneficiano le loro comunità di origine». Un’attenzione questa, in linea con il cammino della Chiesa, che ha «sempre contemplato nei migranti l’immagine di Cristo, che disse: “Ero straniero e mi avete ospitato”» ( Mt 25,35). Due invece le sollecitazioni del Papa nell’ambito dell’insegnamento, Da una parte la realizzazione «di programmi volti a favorire l’istruzione dei rifugiati, a vari livelli, sia attraverso l’offerta di corsi anche a di- stanza per coloro che vivono nei campi e nei centri di raccolta, sia attraverso l’assegnazione di borse di studio che permettano la loro ricollocazione », sia, ancora, con l’impegno a lavorare per «il riconoscimento dei titoli e delle professionalità dei migranti e dei rifugiati, a beneficio loro e delle società che li accolgono». Ma dall’altra parte occorre anche «formare in modo specifico e professionale gli operatori pastorali che si dedicano all’assistenza di migranti e rifugiati».
Quanto alla promozione sociale invece, l’università, soprattutto quella cattolica, è chiamata a farsi carico «della società in cui si trova a operare, esercitando anzitutto un ruolo di coscienza critica rispetto alle diverse forme di potere politico, economico e culturale. Una vocazione che per quanto riguarda il complesso mondo delle migrazioni, il Papa invita a far crescere seguendo le indicazioni, i “20 Punti d’azione” (ne parliamo più diffusamente qui a fianco) individuati dalla Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Un contribuito – ha continuato il Papa – al processo che porterà all’adozione, da parte della comunità internazionale, di due 'patti globali', uno sui migranti e uno sui rifugiati, nella seconda metà del 2018». Si tratta cioè di proporre, in dialogo con i governi, buone pratiche intorno ai già citati verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Detto in altro modo – spiega il Dicastero – sono inviti all’azione che partendo da quanto possibile oggi, puntano all’obiettivo finale cioè la realizzazione di una casa comune, inclusiva e sostenibile per tutti.
Ambiti, progetti, priorità che nel caso delle Università cattoliche si riassumono nel compito urgente di «educare i propri studenti, alcuni dei quali saranno leader politici, imprenditori e artefici di cultura, a una lettura attenta del fenomeno migratorio, in una prospettiva di giustizia, di corresponsabilità globale e di comunione nella diversità culturale».
Riccardo Maccioni
Avvenire, 5 novembre 2017