«Penso che si possa fare una riflessione per posticipare la riapertura delle scuole al prossimo anno». Intervenendo, domenica sera, in una trasmissione televisiva, il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, ha dato chiaramente forma a ciò che, tra gli addetti ai lavori, è da tempo ben più di una supposizione. E cioè che, ben difficilmente, si potrà rientrare in classe prima della fine dell’anno scolastico. «Le scuole? Siamo in fase uno, cautela. Il virus circola. È chiaro che concordo con il professor Locatelli», ha ribadito, ieri pomeriggio, Giovanni Rezza, capo dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità (Iss), durante la consueta conferenza stampa nella sede della Protezione civile. Per la scienza, quindi, rientrare in classe sarebbe un azzardo. Ma c’è già chi, per esempio Tuttoscuola, si spinge persino a ipotizzare che anche il 2020-2021 possa cominciare con la didattica a distanza, andando avanti così per almeno le prime settimane, se non addirittura fino alle vacanze di Natale. «Senza vaccino a settembre cosa faranno le scuole? Apriranno comunque? Sembra improbabile», scrive Tuttoscuola.
La decisione «spetta al governo», ha ricordato lo stesso Locatelli, rimandando così la palla nel campo della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Che sul punto è sempre stata molto netta: «Si tornerà a scuola soltanto quando le autorità sanitarie ci daranno garanzie di sicurezza per alunni, insegnanti e tutto il personale». Quindi, stando alle parole di Locatelli, confermate da Rezza, non prima di settembre. Anche alla luce delle richieste di chiarimento arrivate dalle famiglie, da viale Trastevere ricordano che «presto ci sarà un’informazione chiara» e che, in ogni caso, «la decisione sarà presa a livello di governo». Le vicende legate alla conclusione dell’anno scolastico e all’avvio del successivo, sono infatti soltanto un tassello di un mosaico complesso che spetta a Palazzo Chigi comporre nel suo insieme. «Prenderemo provvedimenti d’accordo con il ministero della Salute», ripetono dal Miur, dove i tecnici sono impegnati nella stesura delle norme attuative del decreto legge pubblicato prima di Pasqua sulla Gazzetta Ufficiale. «Prima di prendere qualsiasi decisione, soprattutto sull’avvio del prossimo anno scolastico 2020-2021, incontreremo ancora i sindacati, i rappresentanti dei genitori, degli alunni e le Regioni», ricordano dal Ministero dell’Istruzione.
Intanto, oggi la ministra Azzolina incontrerà in videoconferenza i ministri dell’Istruzione dei Paesi dell’Unione Europea, per uno scambio di esperienze su come i diversi sistemi scolastici stanno affrontando l’emergenza coronavirus. Se per quest’anno non si dovesse tornare in classe, salterebbe anche la data del 18 maggio, indicata dal Ministero come il D-day per l’Esame di Maturità e quello di Terza media. Un appuntamento atteso da almeno un milione di alunni, suddivisi più o meno a metà tra in due ordini di scuola, che vorrebbero conoscere al più presto le modalità delle due prove. Anche per questo motivo e alla luce delle parole di Locatelli e Rezza, il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, sollecita il Ministero a predisporre al più presto un «piano strategico». L’apertura di «un confronto» è sollecitata dal segretario generale della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli, consapevole che «il prossimo non sarà un anno ordinario».
Sulla Maturità si concentra, infine, la segretaria generale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, che dice: «Ora bisogna fare in fretta per individuare da subito le procedure». Gissi ricorda anche che «ci sono mille questioni da affrontare: la valutazione finale; il tipo di prove se attraverso un colloquio o a distanza. Se la scelta ricade su quest’ultimo, bisogna raggiungere tutti i 500mila e più ragazzi che devono avere gli strumenti informatici in qualunque parte d’Italia. Se in presenza bisogna distribuire Dispositivi di protezione individuali per tutti e regolamentare i turni e la frequenza dei luoghi». Anche il rientro di settembre secondo la segretaria generale della Cisl Scuola - non potrà essere normale. «Lo dicono gli esperti – ricorda Gissi – ma non mi sembra che la ministra abbia in mente questa come priorità. Eppure il benessere degli alunni e il loro diritto allo studio sono al centro delle politiche di questo Paese. L’auspicio – conclude – è che si superino le ideologie e si affrontino in modo condiviso le grandi decisioni che coinvolgono più di un milione di dipendenti e 8 milioni di famiglie».
Paolo Ferrario
Avvenire, 14 aprile 2020