UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Gesù censurato nella recita

Polemica a Padova. Nella canzone natalizia delle elementari il figlio di Dio diventa “cucù”
22 Dicembre 2023

Puntuale come il panettone, scocca l’ora della polemica pre natalizia, con la scuola di turno che si scopre allergica alle tradizioni cattoliche, per un malinteso e maldestro senso di rispetto verso religioni e culture altrui. Nessuno si sogna di offendersi per i riti delle Feste, spesso apprezzati anche dai migranti di altre fedi, ma tant’è. Il copione stavolta è andato in scena nella scuola elementare De Amicis di Agna, nel Padovano. Nella canzoncina natalizia Gesù è stato censurato, il suo nome è diventato un più rassicurante (non si sa bene per chi) Cucù. Immediatamente è scoppiata la rivolta dei genitori, costringendo la scuola a una precipitosa retromarcia.

Ma, come sempre in questi casi, la toppa risulta peggiore del buco. La preside Caterina Rigato ha parlato di «una incomprensione», argomentando che «per errore è stato consegnato ai piccoli non il testo definitivo del motivetto ma quello che aveva avuto delle correzioni. In sostanza per sbaglio abbiamo dato agli alunni quella che era soltanto una bozza». Insomma, un vero giallo. Nella prima stesura, a quanto pare, la parola Gesù non era stata contemplata dalle maestre: una “manina” aveva provveduto a sostituirla. Poi era troppo tardi per porvi rimedio, la canzoncina era già stata imparata a memoria da tutte le classi. «Sono state però presentate altre canzoni, altri testi recitati - ha chiarito la preside, sottolineando che per l’occasione son stati allestiti nell’edificio scolastico due presepi - che contenevano invece tutti i riferimenti al significato cristiano della festa». Allo spettacolo hanno poi partecipato tutti i genitori, anche se qualcuno non l’ha mandata giù. «All’inizio non ci potevo credere, poi quando mia moglie mi ha fatto vedere i fogli con le frasi che inizialmente avrebbero dovuto cantare, tagliati su determinate parole, non ci ho più visto - racconta Francesco, il papà di uno dei bambini -. Non è possibile che si debba arrivare a questi livelli, tra l’altro senza che noi genitori veniamo messi al corrente delle idee delle maestre». Ieri però tutto è filato liscio, ad ascoltare le canzoncine ispirate alla nascita di Gesù c’erano anche - come volevasi dimostrare - i genitori degli alunni musulmani».

Altrettanto puntuale (e scontata) è scoppiata la bufera politica. L’assessore veneto all’istruzione, Elena Donazzan, non ha gradito: «Quale errore di valutazione porta delle insegnanti a comportarsi così? Un insegnante non può fare errori così grossolani – ha infierito l’esponente di FdI -. Il Natale è certamente una festa religiosa, ma coinvolge l’intera civiltà occidentale, nei tempi della vita e nei tempi della scuola, per i quali, non a caso, nel calendario scolastico ci sono le vacanze legate al periodo del Santo Natale».

Luca Zaia, governatore del Veneto, ha rincarato la dose, parlando di «grave errore». Secondo Zaia, «pensare di favorire l’accoglienza cancellando i riferimenti alla nostra religione, alla nostra identità, alla cultura che da secoli e secoli caratterizza il Veneto è un gesto che non possiamo accettare. Non stiamo parlando di una preghiera, ma di una canzone. L’imposizione di una preghiera a bambini di altra fede potrebbe certamente essere subita come una forzatura. Ma questo è un testo musicale, con un profilo identitario. Incomprensibile, siamo in un Paese dove si difende giustamente qualsiasi prodotto artistico e intellettuale anche nei suoi contenuti più forti, ma in questo caso si permette di intervenire su una canzone modificandola e stravolgendola così, nel nome del politically correct. Per il governatore «si sta esagerando».

Il senatore Udc Antonio De Poli non ha usato eufemismi, definendo la pensata «una follia che mortifica i nostri valori e le nostre tradizioni. Nessun testo natalizio offende la sensibilità di altre religioni. Anziché promuovere una cultura del rispetto, si rischia di promuovere un senso di vergogna nei confronti della nostra identità e delle nostre tradizioni».

Marco Birolini

Avvenire, 22 dicembre 2023