UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Formare al lavoro, missione di futuro»

La «Casa di carità, arti e mestieri» prepara giovani cuochi e adulti responsabili. Fondata dai Fratelli delle scuole cristiane, è attiva a Nuoro dal 1996
29 Novembre 2022

Non c’è dubbio sul fatto che la formazione professionale nell’isola abbia vissuto, dopo il boom dei primi anni Duemila e il colpo di spugna del presidente Renato Soru, un momento nel quale è stata vista con pregiudizio. C’è stato un periodo nel quale le agenzie formative nascevano dalla sera alla mattina, spuntando come funghi, in certi contesti vi è stato senza dubbio uno sperpero di risorse pubbliche - ciò che fu alla base della scelta di Soru - ma questo ha impedito di vedere come accanto a enti improvvisati ve ne fossero altri con una storia secolare e soprattutto capaci di tenere al centro del proprio lavoro la persona.

Questa è da sempre la missione della «Casa di carità arti e mestieri», una realtà nata a Torino nel 1920 dai Fratelli delle Scuole cristiane per «formare nuove generazioni», e attiva a Nuoro dal 1996 nella palazzina – ormai fatiscente per la quale urge un intervento di ristrutturazione – adiacente al vecchio convento di via Manzoni. Al momento il corso attivo per i giovani dai 14 ai 17 anni è quello triennale di operatore della ristorazione, i ragazzi escono dalla scuola con la qualifica di III livello di aiuto cuoco. Le classi sono quattro, una in uscita a dicembre, due seconde, una nuova prima con un doppio indirizzo, affianca a quello di cucina anche quello di sala anche per venire incontro alle esigenze delle aziende. Molte ore, oltre a lezioni in aula e pratica, sono indirizzate anche all’impresa formativa simulata per dare le competenze necessarie per poter avviare una attività. A questo si aggiungono le ore di alternanza in azienda, «nel tempo – spiegano la direttrice Franca Sanna e la coordinatrice Daniela Laria – si è creata una rete di ristoranti, agriturismi, pizzerie che riescono a dare consapevolezza di cosa significhi lavorare. Abbiamo bisogno anche in quelle ore di alternanza di tutor che siano formatori per non interrompere il percorso di crescita dei ragazzi».

«Sulla carta – dice la direttrice – è un percorso completo, difficile, impegnativo, ma proprio perché l’utenza è “particolare” i risultati ottenuti sono gratificanti». Questa è la chiave. E parte da lontano, dall’orientamento. C’è un lavoro a tappeto su tutte le scuole della Provincia per presentare l’opportunità della formazione professionale accanto ai percorsi della scuola pubblica. Questa è data in particolare a chi ha difficoltà, basti pensare al tasso di dispersione scolastica dell’Isola, a ragazzi confusi, in una età difficile e spesso con alle spalle situazioni familiari complicate.

«La cosa più bella – raccontano direttrice e coordinatrice – è offrire loro un percorso che permetta di esprimere un potenziale creativo, manuale, pratico che neppure loro sanno di avere. È significativo vederli entrare a 14 o 16 anni quasi disorientati e vederli uscire completamente trasformati». Il primo scoglio da affrontare è quello della fiducia: «Arrivano chiusi, non si fidano ma soprattutto, questo è il dramma che vediamo, non hanno nessuno che li ascolti. Se li lasci parlare – sottolinea Franca Sanna – senti quanto hanno bisogno di raccontare». Insomma il contrario dello stereotipo che li vuole svogliati, viziati, apatici. Se sono così, spesso è per colpa degli adulti.

Accanto all’attività con i giovani c’è quella dei percorsi offerti a disoccupati fino ai 35 anni. È ora attivo il corso di web content manager che oltre a garantire alti livelli nella docenza offre contatti con aziende e start up del territorio. Sono poi stati attivati progetti di inclusione con i migranti e anche qui si ripresenta, con le debite proporzioni, il medesimo schema: «Entrano con vissuti incredibili alle spalle, tristi e chiusi, dopo sei mesi di tirocinio escono con il sorriso, il lavoro è tanto ma dà soddisfazione», racconta la direttrice. L’ultima cosa da recuperare è l’attività in carcere, dopo i percorsi attivati tra il 2006 e il 2011 è arrivato lo stop. «L’idea – dice Daniela Laria – è quella di rientrare e di seguire l’esempio della sede piemontese che è leader per la formazione in carcere, arrivando a creare vere e proprie imprese capaci di vendere all’esterno».

Franco Colomo

Avvenire, 27 novembre 2022