Non è “saltato” e non poteva saltare, visto l’emergenza in corso e le ripercussioni anche in ambito scolastico, il tradizionale incontro primaverile del vescovo Claudio con i dirigenti scolastici del territorio. Anzi quest’anno più che mai è stato partecipato sia sul fronte numerico (più di 90 i Dirigenti collegati in piattaforma meet, compreso il direttore dell’Ufficio per l’Educazione, la Scuola e l’Università della CEI, Ernesto Diaco, sia sul piano della condivisione.
«La situazione che stiamo vivendo, determinata dal Covid ha posto molte domande sulla scuola, specie sull’uso del digitale e delle nuove tecnologie» - ha detto nel saluto iniziale il dirigente dell’Ufficio d’ambito territoriale di Padova e Rovigo Roberto Natale che ha invitato ad una riflessione sul rapporto tra educazione e sapere: «La didattica a distanza, che molti hanno ridefinito didattica della vicinanza, ha innescato relazioni potentissime e generato riflessioni nuove sulla situazione che i giovani vivono e sulle prospettive future, ma ha anche evidenziato le diseguaglianze e le povertà educative esistenti».
Un’iniezione di speranza e incoraggiamento è arrivata dal vescovo Claudio che è entrato in dialogo con i Dirigenti, ponendo tre domande: Come state? Come vi immaginate e come vi piacerebbe fosse la scuola che ripartirà il prossimo settembre? Dove vogliamo andare come scuola? Come comunità cristiana cosa possiamo essere per la scuola?
«Come state? Può sembrare una domanda banale ma è molto delicata – ha sottolineato mons. Cipolla – significa aprire una porta di dialogo. E, tanto più oggi, la “salute” (che comprende anche l’interiorità) di chi dirige le nostre scuole è molto importante». Non ha poi nascosto alcuni timori: «Ho due paure contrapposte: da un lato che non si possano proseguire quelle esperienze che riteniamo necessarie e fondamentali; dall’altro che si pensi di tornare a fare le cose come prima senza cogliere ciò che c’è in termini di occasione di cambiamento in questa situazione. Ridurre il cambiamento a qualche adattamento tecnico-logistico rischierebbe di far perdere alla scuola, come a ogni altra realtà aggregativa e formativa, una grande opportunità di rileggersi e di rispondere in modo nuovo ad esigenze nuove». Quali priorità immaginiamo allora necessarie per la suola? Quali percorsi? Ogni situazione di crisi non è mai una catastrofe, ha sottolineato il vescovo, ma è sempre un’occasione di ripartenza: «anche questo “terremoto” che stiamo vivendo è un’occasione per interrogarci attorno a un progetto futuro di scuola».
Da qui il suggerimento di quattro piste da percorrere: una rinnovata responsabilità e una mutua solidarietà, unici antidoti alla fragilità che ci accomuna; il recupero del valore della comunità, reale non virtuale, che significa tessere relazioni nuove, concrete, reali; una riconsiderazione del lavoro, che è anche ambito di espressione di senso e di valori; il recupero della fiducia nelle persone e nelle istituzioni. Infine di fronte alla tristezza incombente, il vescovo ha rilanciato la necessità di «ritrovare la speranza e di avere la capacità di un nuovo modo di pensare». «Noi, come Chiesa e comunità cristiane ci siamo» - ha concluso - «siamo al vostro fianco nelle forme e nei modi che ci sono propri come Chiesa».
«La scuola non potrà ripartire senza che insieme si faccia memoria di quanto si è condiviso – è stata la conclusione del direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale dell’Educazione e della Scuola, don Lorenzo Celi. Non si potrà progettare la ripartenza tralasciando il lato umano, emotivo di ciò che è stato e in parte ancora è. I nostri ragazzi sono stati segnati dalla paura e dagli effetti del lockdown: non si potrà a settembre riprendere come se niente fosse accaduto, preoccupati solo di recuperare il tempo perduto e i debiti formativi accumulati. Nello stesso tempo Celi ha ricordato la preziosità del rapporto profondo che molti docenti hanno saputo instaurare in questo periodo con gli studenti: «in questi mesi i docenti sono stati un’àncora per i loro alunni; hanno permesso loro di mantenere un legame con l’ordinarietà della vita di prima, spesso sono stati un valido aiuto anche sul piano umano, adulti di riferimento a cui il ragazzo si è sentito libero di confidare qualche difficoltà personale o familiare. Accanto alla competenza del sapere e alla preparazione pedagogica, è proprio questo aspetto della competenza sul piano dell’umano che dovrà essere coltivata. Si spera poi che anche a livello sociale ed economico venga rivalutata la figura fondamentale dell’insegnante, memori proprio di quanto la scuola ha significato in tempo di emergenza».
In allegato il comunicato stampa della diocesi di Padova e il testo dell’intervento di mons. Claudio Cipolla.