UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Fiducia», la parola generativa da offrire

A Parma un convegno con le voci del mondo della salute, della famiglia, della scuola e del lavoro: si può essere generativi solo mettendosi insieme
5 Novembre 2021

Cosa vuol dire essere generativi in famiglia, nella scuola, nel lavoro? Cioè mettere al mondo relazioni, idee, comunità, impegni? Quali domande vanno ascoltate, quali conflitti vanno affrontati? Domande poste dalla giornalista Viviana D’Aloiso, che ha moderato la tavola rotonda, organizzata all’interno del convegno “Di generazione in generazione. Creativi e procreativi”, che ha visto la partecipazione di fra Marco Vianelli, direttore ufficio Cei per la pastorale della famiglia Cei, il professor Ernesto Diaco, direttore ufficio Cei per l’educazione, la scuola e l’università Cei e don Bruno Bignami, direttore ufficio Cei per i problemi sociali e del lavoro.

Tanti i sentieri aperti, che meriterebbero approfondimento, di cui – per ora – richiamiamo alcuni passaggi. Un generare che attraversa inevitabilmente conflitti, contraddizioni, acuite nel tempo della pandemia. Se, come ha evidenziato Vianelli, «il tema del generare, la missione di tradere, di consegnare, appartiene alla famiglia», luogo specifico che «tiene insieme differenze originarie, tra generi, tra generazioni e tra stirpi», oggi deve fare i conti con una «visione individualista dell’altro, considerato come nemico». Fatica di sempre, perché «il flusso della vita ha avuto bisogno di uccidere il padre», che oggi si è aggravata. «Si è acuita la logica del qui e ora, ha spiegato Vianelli, del tutto e subito, del bisogno di tagliare i ponti», dimenticando che «non ci generiamo da soli».

Nel mondo della scuola sembra che la pandemia abbia diminuito la conflittualità tra le varie componenti, aumentando il desiderio di incontro, ma secondo Diaco, è ancora a rischio «la conflittualità, la dialettica, tra diverse idee di scuola», così come «rimane il conflitto tra istruzione ed istruzione, anche nell’auto comprensione degli insegnanti». Di qui l’importanza di «far crescere questa dimensione educativa», riscoprendo anche il ruolo fondamentale dell’autorità come porta, «che limita, ma anche apre a qualcosa che io ti posso solo far vedere».

Lo sguardo si è poi focalizzato sul lavoro, dove ci troviamo davanti «ad una generazione tradita», i giovani, come li ha definiti un quotidiano, riportando il dato che solo un giovane su due lavora. Una drammaticità, ha commentato don Bignami, che coinvolge più questioni: dalla mancanza del passaggio di consegna (anche del sapere) da padre in figlio, alla crisi ecologica, a modelli superati, sia nel pensare il lavoro che la scuola. «È una stagione con tanti punti interrogativi» e con dati preoccupanti e, forse apparentemente contraddittori: l’aumento dei Neet e la difficoltà a trovare personale, perché non si trovano le competenze e la fuga dei giovani da molti nostri territori. «Dobbiamo essere capaci di dire parole anche in modo pubblico, guardando in faccia la realtà per essere concreti», è l’invito di Bignami. Non solo analisi, ma anche proposte.

«Ospitalità e sguardo di benevolenza» è la condizione, secondo Vianelli, per non limitarsi ad accogliere le famiglie, nella loro situazione magmatica, ma anche per accogliere il messaggio e il volto di Dio che ci manifestano. Avendo il sapore del lievito che fa fermentare. «La prima competenza che la scuola deve fornire è quella di formare la personalità», così Diaco, che sottolinea l’importanza di aiutare a rispondere ad alcune domande: Chi sono io? Chi sono io per te? Domande rivolte anche all’adulto: Chi sei tu? Quali sono le cose che tu ritieni buone, ma anche al contesto più allargato, dal momento che «la relazione educativa non è mai un io e un tu e basta». Bignami, attingendo la lezione dal mondo sanitario, per cui «prevenire è meglio che curare», ci mette in guardia dal non prendere sul serio questa prospettiva, col rischio di far accumulare ferite su ferite, disincentivando anche il senso di appartenenza alla comunità, di cui l’astensione alle elezioni è stato un segno eloquente. «Dobbiamo avere attenzione non solo per le fratture affettive, ma anche per quelle che si formano in altri ambiti», ha rimarcato Bignami, invitando ad agire.

La parola generativa che la Chiesa può dire ed offrire, secondo Diaco, è «fiducia». Fiducia che implica il superare la logica del lamento e le facili etichettature, come quella che definisce i giovani come «la generazione Covid». Fiducia che chiama in causa gli adulti e il loro modo di guardare ai giovani e alla vita. «Siete in tempo, anche se in ritardo», citando Massimo Recalcati. «Forse non so se è sempre così nella vita, ma nel Vangelo sì».

Maria Cecilia Scaffardi

Vita Nuova, 31 ottobre 2021