UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Federico è senza sostegno: a scuola un’ora al giorno

Una storia di mancata integrazione
20 Ottobre 2020

Federico non parla ma gli piace disegnare e fare giochi di manipolazione. È per questa ragione che mamma Lorella Tognotti ha scelto per lui il Liceo artistico di Civitavecchia, dove il quindicenne affetto da autismo medio-grave vive con i genitori e la sorellina di undici anni. Soltanto che Federico, ora al secondo anno, a scuola è andato per poche settimane e mai nell’aula con gli altri compagni, ma sempre isolato con un professore. E nemmeno di sostegno.

«A quattro anni abbiamo avuto la diagnosi di autismo – racconta mamma Lorella – e ci siamo subito attivati per avere l’insegnante di sostegno e l’educatore. Fino alle scuole medie è tutto andato abbastanza bene e Federico è sempre riuscito a integrarsi abbastanza bene nel gruppo classe. I problemi sono cominciati alle superiori».

Il primo anno ha cominciato a frequentare a dicembre, ormai a ridosso delle vacanze di Natale, con un insegnante “di sostegno” non specialista. «Lo tenevano da solo, su un tappeto per terra, senza fare nulla», prosegue la mamma. «Dopo le mie proteste – riprende – mi hanno detto che non era scolarizzabile. Eppure – ricorda la donna – aveva già frequentato la scuola materna, addirittura per quattro anni anziché tre, le elementari e le medie. A Federico la scuola è sempre piaciuta ed è perciò ancora più dura, per lui, sopportare questa esclusione», insiste la mamma, che ha trovato un grande aiuto nella presidente di Angsa Lazio (l’Associazione dei genitori degli autistici), Stefania Stellino.

Il lockdown di marzo ha segnato la fine anticipata dell’anno scolastico del giovane, che si aspettava di poter riprendere, come tutti gli altri, a settembre e, invece, ha dovuto attendere a casa per oltre un mese. Soltanto la scorsa settimana ha potuto cominciare a frequentare, ma soltanto per un’ora al giorno, perché ancora non gli è stato assegnato l’insegnante di sostegno. «Per il momento – riprende mamma Lorella – abbiamo un Assistente alla comunicazione, pagato dalla Provincia per appena otto ore alla settimana. Quando Federico ha diritto a 22 ore di sostegno alla settimana. Ma finché non sarà nominato l’insegnante, potrà andare a scuola un’ora al giorno soltanto. E nessuno, al momento, sa dirci quando questo avverrà. Ho scritto alla ministra Azzolina ma non ho avuto risposta. Quindi, per ora mio figlio resta un’ora al giorno in un’aula con l’assistente, ma senza alcun contatto con la classe e i compagni. È completamente isolato, con tanti saluti all’integrazione e alla socializzazione, diritti quotidianamente calpestati».

Dovendo seguire il figlio in tutto, la signora Lorella è stata costretta anche a lasciare il lavoro, come spesso capita ai genitori dei ragazzi disabili. «Mi chiamano per ogni minimo problema chiedendomi di portarlo a casa, perché hanno paura che faccia male ai compagni», continua a raccontare la donna. «Per me è faticoso ma non voglio assolutamente che rinunci alla scuola – dice con fermezza –. Non è solo un diritto, è anche un luogo dove si impara a diventare grandi. Perché anche le persone come Federico diventano adulte. Tra un paio d’anni sarà maggiorenne ed è giusto che abbia un minimo di autonomia, che impari a relazionarsi con le altre persone e certo non può farlo se è sempre da solo, isolato dalla classe. Che impari quello che può e sia felice. Come tutti gli altri ragazzi della sua età. La scuola non è un parcheggio. A me non basta che ci stia per un certo numero di ore al giorno. Questo tempo deve essere riempito di qualità, ma serve gente preparata e appassionata. Con Federico non si può improvvisare, non si possono fare esperimenti. La ministra dice che ha consegnato le mascherine alle scuole. A Federico non serve, non la può portare. A mio figlio serve un vero insegnante di sostegno e gli serve ora. Perché ogni giorno in più che passa è un giorno perso, che lui non potrà più recuperare e che inciderà, negativamente, sulla sua crescita e sulla sua vita futura».

Paolo Ferrario

Avvenire, 20 ottobre 2020