UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Essere Scuola significa essere costruttori di affettività e socialità

La riflessione di un dirigente scolastico davanti “a questa emergenza umana, prima ancora che educativa”
28 Luglio 2023

Il terribile incidente mortale di Casal Palocco induce a riflettere sul senso del nostro essere insegnanti. Oggi i nostri studenti sembrano – già dai dieci anni – vittime di uno squilibrio tra un apparato cognitivo potenziato da tanti strumenti online, e una sensibilità destrutturata per quanto concerne l’interazione con il mondo fisico e i bisogni affettivi e sociali.

Il cyberbullo degli ultimi anni è più aggressivo del bullo concreto perché non vede l’effetto della violenza da lui agita, la sofferenza che infligge. Solo la meraviglia di scoprire legami veri, amicali e autentici con i propri compagni e con i docenti, potrà offrire orizzonti di senso e bellezza, valide alternative allo stordimento di sfide sempre più estreme, espressione di un’abissale solitudine. Essere Scuola significa essere costruttori di affettività e socialità: la capacità di interagire con gli altri, il sapersi amato e la capacità di amare sono fondamentali poiché garantiscono la fioritura della persona in contesti di comunicazione vera. L’esperienza scolastica coniuga tali bisogni elementari con l’impegno a promuovere la centralità della persona e i diritti presenti nella nostra Costituzione.

Da diversi anni sono dirigente scolastico e credo che sia nostro dovere di persone di Scuola impegnarci a rispondere a questa emergenza umana, prima ancora che educativa. Dobbiamo praticare sempre più una didattica creativa che stimoli l’espressione e lo sviluppo degli studenti, delle loro facoltà, delle loro curiosità. Dobbiamo cercare di promuovere la gioia di vivere, l’espressione autentica, il gusto della ricerca, il senso di responsabilità, la volontà di rispettare e aiutare gli altri.

La pericolosa tendenza delle sfide virtuali, non sarà risolta se le politiche scolastiche continuano ad avere come fulcro degli investimenti la digitalizzazione, che certamente aiuta la didattica, ma che può contribuire a legittimare una desocializzazione tra sguardi e volti. La Scuola è stata sempre percepita come lo specchio della comunità che la generava. Questo valeva già per la prima scuola istituita, la Confraternita dei pitagorici, che iniziava i giovani a un bios theoretikos, uno stile di vita capace di elevarsi al di sopra del mero perseguimento dell’utile.

La costruzione armonica di una città parte anche oggi da un nuovo modo di pensare la Scuola, espressione delle prime esperienze di vita sociale e comunitaria di piccoli uomini e donne. Il legame comunitario che si struttura a scuola affianca quello degli affetti e delle empatie familiari. Gli alunni percepiscono il rapporto tra loro e con i docenti sin dalla scuola primaria come una progressiva crescita comunitaria, un’educazione alla cittadinanza che aspira e tende all’armonia.

Un legame impostato ed espresso nella percezione comunitaria delle varie forme di bellezza che si possono presentare: figurativa, musicale, teatrale, dialogica; una bellezza che va di pari passo con la fiducia più che con la percezione dell’autorità, neutralizzando il paternalismo dell’istituzione a favore di un rapporto fondato sull’empatia, e quindi sul rispetto non di una gerarchia, ma di un volto e di una persona.

Giovanni Cogliandro, dirigente scolastico Ostia (Rm)

Avvenire, 28 luglio 2023