La violenza dei bambini sui bambini chiama in causa gli adulti. Tutti. I bambini violenti stanno gridando al mondo il loro malessere, il loro disagio, le loro difficoltà. A modo loro ci stanno chiedendo aiuto. Necessita fermarsi e fare l’esame di coscienza.
Il mondo è cambiato e noi arranchiamo a stargli dietro. Anche la famiglia e la scuola, spesso, sono come spaesate. La famiglia è distratta, assente; agli insegnanti manca l’autorevolezza di una volta, sentiamo dire in giro. In pochi anni la società ha subito un cambiamento radicale. Famiglie e scuola, e aggiungerei la Chiesa per i credenti, sono anelli importantissimi nella catena della formazione, ma da soli non bastano: hanno bisogno di trovare nelle istituzioni degli amici che si prendono cura dei loro figli. I ragazzi spruzzano vitalità da tutti i pori. Occorre intercettare e incanalare questa forza esplosiva. Lo sport può fare miracoli. Purtroppo non tutti hanno la possibilità di frequentare una palestra o una piscina; per i genitori che a stento riescono a nutrirli, lo sport, la musica sono lussi che non possono permettersi. Che fanno questi ragazzini? Dove giocano? Per la strada. E la strada è una maestra insidiosissima.
Per la strada incontrano amici più grandicelli ma già tanto smaliziati. Amici che presto invidieranno per gli abiti firmati e il cellulare ultimo modello; per la moto e i tatuaggi. Tutti abbiamo avuto bisogno di modelli. Tutti cerchiamo di arrivare a una meta. Chi studia vuole diplomarsi, laurearsi col massimo dei voti. A chi arranca con lo studio occorre offrire percorsi alternativi in vista di un lavoro. Le periferie geografiche sovente diventano periferie esistenziali per la scarsa attenzione che viene loro riservata. Un quartiere sporco, grigio, scarsamente illuminato, povero di alberi, di fiori, di panchine è brutto, deprimente.
Le leggi poi vanno rispettate anche dai ragazzi. Non è un bene che un adolescente senza casco passi con la moto davanti a un vigile e non venga multato: sarà portato a credere di essere al sopra della norma. Degrado ambientale, impossibilità di impa- rare a nuotare, a suonare, povertà familiare scavano nel ragazzo una sorta di ribellione. Tra le cause della violenza dei minorenni c’è l’esempio negativo che tante volte arriva dagli adulti. I quali spesso, in casa ma anche in televisione e perfino nelle aule parlamentari, danno sfogo alla violenza verbale e – non di rado – fisica.
Educare è un’arte. Una scultura che si scolpisce con lo scalpello dell’amore e il martello della perseveranza. Un quadro che si dipinge con il pennello della collaborazione e i colori dell’umiltà. Vi siete mai fermati a osservare un ragazzino che naviga in internet? Con gli occhi fissi sul telefonino perde ore a cercare, cercare, cercare. Che cosa, egli stesso non lo sa. La 'fata turchina' gli dice tutto, gli fa vedere tutto. La 'fata' è ai suoi ordini, sembra la sua schiava ma presto diventerà una padrona impietosa ed esigente.
Occorre prendere atto che siamo di fronte a un veloce processo epocale. Mai come in questo tempo l’alleanza famiglia-scuola-Chiesa-società civile è indispensabile per la crescita umana e spirituale dei minori. Così come uno Stato che sa ascoltare, osservare, intervenire. Uno Stato che stia sempre dalla parte dei bambini e contro chi delle loro debolezze volesse approfittare. Penso al gioco d’azzardo: se gli adulti giocano fino a perdere lo stipendio, perché non posso farlo io? I ragazzi ragionano così. Un educatore con la sigaretta o lo spinello in mano sarà poco credibile quando tenterà di mettere in guardia dai danni del fumo. E se l’amico diciottenne può accedere con una facilità che spaventa alla sozza e violenta pornografia, che male c’è – si chiede il ragazzino – se guardo anch’io?
A noi adulti viene chiesto un supplemento di intelligenza, di buon senso, di umiltà, di amore. Le parole lasciano il tempo che trovano. Un gesto di carità vale più di mille discorsi sulla carità. San Paolo aveva il coraggio di dire: «Siate miei imitatori perché io lo sono di Cristo». Potrebbe sembrare una blasfemia, era invece un impegno serio che si assumeva davanti a Dio e alla comunità. Tutti, ma proprio tutti, siamo chiamati a svolgere questa nobilissima missione. Per il bene dei nostri bambini, il bene nostro, il bene dell’umanità.
Maurizio Patriciello
Avvenire, 18 gennaio 2018