UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Da problema a progetto, la pandemia come risorsa

Le comunità scolastiche Fism hanno utilizzato gli spazi di autonomia per mantenere vive le relazioni con i piccoli e le loro famiglie
15 Febbraio 2022

Può sembrare un paradosso, e per certi versi lo è, riferirsi alla pandemia Covid-19 come a una opportunità per innovare e sviluppare le modalità di strutturazione del servizio educativo. In realtà a fronte di disposizioni regolamentari non sempre chiarissime e mutevoli, le scuole Fism hanno utilizzato pienamente gli spazi di autonomia con lo scopo di evitare, pur nel rispetto delle norme, una eccessiva medicalizzazione e sanitarizzazione del servizio formativo. Si è trattato di una presa di coscienza collettiva che la scuola deve sempre, per non snaturarsi, tenere alta la tensione educativa che diviene criterio-guida in ogni circostanza ed evenienza. Ciò ha comportato una rilettura delle prescrizioni pensate non come vincoli, e pertanto subite, quanto piuttosto considerate stimoli per lo sviluppo in chiave progettuale.

La comunità scolastica tutta si è mobilitata in questa direzione cogliendo l’inedito della situazione pandemica che esigeva l’elaborazione di risposte organizzative e pedagogico-didattiche, parimenti inedite. Se nella prima ondata è stata traumatica la sospensione forzata delle attività, da subito i collegi delle docenti si sono mobilitati nella ricerca di mantenere i collegamenti a distanza con i bambini. In un certo senso, riprendendo e riattualizzando l’esperienza che Gianni Rodari ha sistematizzato ne «Le favole al telefono» le insegnanti hanno ritenuto di raccontare storie, di proporre semplici attività, di coinvolgere i piccoli con disegni e fumetti, il tutto con lo scopo di non far sentire i bambini lontani e orfani della scuola. Il segreto vincente è stato quello del rinsaldare la collegialità, di valorizzare la comunità professionale nella direzione della ricerca.

I bambini venivano coinvolti nell’interpretazione dello stacco improvviso dalla quotidianità della vita e dalle relazioni con i compagni e le maestre e si sono ascoltate le loro interpretazioni che sono state di segno trasfigurativo nell’orizzonte fantastico: «Un mostro con un nome strano Covid», «Un fantasma ha occupato la scuola»... Cogliendo queste sollecitazioni si sono co-costruite storie fantastiche utilizzando parole nuove, sconosciute e un po’ «misteriose» per grandi e piccoli: pandemia, contagi, vaccini, mascherine, virus, tamponi, quarantena e lockdown, da interpretare come un vero e proprio arricchimento linguistico. Si andava profilando una nuova «didattica nella pandemia» che aveva anche il compito di esorcizzare la paura e la preoccupazione che i bambini coglievano negli adulti. Sentire riverberare a casa propria le voci delle maestre e vedere i loro volti rassicuranti, contribuiva emotivamente e rinsaldare i ponti tra casa e scuola.

In un contesto sicuramente emergenziale anche i genitori hanno avuto l’opportunità di scoprire alcuni connotati della scuola dell’infanzia; sappiamo bene che i bambini difficilmente riescono a narrare i contorni dell’attività scolastica e solitamente alla domanda adulta: «Che cosa hai fatto a scuola?» rispondono con: «Ho giocato», espressione globalmente riassuntiva del percepito dei piccoli. Rientrati a scuola i bambini hanno ripreso possesso dei loro spazi anche se con modalità diverse: si stava assieme nella propria «bolla», la routine del lavaggio delle mani si intensificava, gli spazi esterni venivano riconquistati e valorizzati più del consueto, scoprendo anche angoli ordinariamente poco utilizzati. Si impostano percorsi per accostare i bambini al medico e al personale sanitario, superando naturali diffidenze e paure, si gioca a fare tamponi e vaccini, a chiudersi nella casetta per la quarantena, mettendo in atto una progettualità che ricomprenda le attività all’interno di sfondi integratori. Vengono instaurate nuove modalità di comunicazione che integrano vicinanza e distanza, virtualità e realtà utilizzando gli strumenti mediatici calibrati alle competenze dei bambini e ai loro stili di apprendimento.

Una particolare riflessione meriterebbe la rivisitazione delle relazioni con le famiglie basate su patti di corresponsabilità che hanno aiutato a rafforzare il senso di appartenenza sia a livello personale, sia a quello civico- sociale. La gran parte dei genitori si è dimostrata attento nella tutela dei propri figli nel contesto dei «figli» della comunità scolastica. Parimenti interessanti si sono rivelati gli scambi a livello territoriale con mondi solitamente «lontani» dalla scuola, quali le strutture sanitarie, la protezione civile, espressioni del volontariato ed enti locali, ampliando una concezione di scuola come comunità educante. Le scuole paritarie sono diventate un punto di riferimento anche per le famiglie svolgendo una funzione di rassicurazione e di mediazione tra i dettati della regolazione sanitaria, con particolare attenzione a evitare la «caccia all’untore», come pure la protesta facile che possono nascere da un utilizzo superficiale dei social. Le strutture territoriali Fism sono diventate importanti punti di riferimento per genitori, insegnanti e gestori.

Dopo due anni di convivenza con la pandemia tutto il patrimonio di progettualità educativo- organizzativa non va disperso, ma ottimizzato nella direzione di apprendere dalla realtà e dai vissuti, anche se problematici. Da questo va aperta una riflessione pedagogica che imprima una prospettiva di sviluppo. La scuola se pare destrutturata dalla pandemia in realtà si ricompone in un modo alternativo nella capacità di leggere la realtà e di elaborare risposte coerenti nella convinzione che i problemi sono i nostri migliori amici che ci portano a superare la noiosa e critica ripetitività del «si è sempre fatto così». Si verrebbe concretizzando il fatto che la parola crisi rimanda al comune epistema di crescita.

Bruno Forte, Responsabile Area pedagogica FISM

Avvenire, 15 febbraio 2022