UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

L’amore per la scuola riguarda ogni credente

Don Roberto Gottardo (Torino): Chiesa e scuola non sono due enti separati. Nelle aule entrano infatti ogni giorno cittadini cristiani di tutte le età
1 Ottobre 2020

In occasione dell’uscita del sussidio “Educare, infinito presente”, elaborato dalla Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università a conclusione del decennio sull’educare alla vita buona del Vangelo, abbiamo rivolto alcune domande a don Roberto Gottardo, direttore dell’Ufficio per la Pastorale scolastica della Diocesi di Torino.

In base alla sua esperienza, quali attenzioni o aspetti manifestano al meglio l’amore e l’impegno della Chiesa per la scuola?

L’amore della Chiesa alla scuola è innanzitutto quello espresso dai credenti che dentro la scuola vivono, che siano insegnanti, studenti, genitori o dirigenti. Sono loro, innanzitutto, che possono manifestare questo amore alla scuola attraverso il loro educare insegnando, attraverso una modalità di rapporto con gli studenti, con i colleghi, con le famiglie che vada oltre all’adempimento delle mansioni previste. Un amore che si esprime riconoscendo dignità e valore alla scuola quale comunità chiamata a dare un importante contributo a quella che certamente è l’opera più importante di una società: generare persone adulte, libere, responsabili. Oltre a questo e in supporto a questo vi sono poi una serie di attenzioni che la comunità ecclesiale può e deve sviluppare. Penso alla attenzione dei Vescovi ai soggetti e ai tempi della scuola, al sostegno alla scuola paritaria e alla valorizzazione della sua scelta e alla collaborazione cordiale delle comunità ecclesiali con la scuola statale.

Quali sono le sfide e i temi più rilevanti per la scuola di oggi a cui anche la Chiesa può dare un contributo?

Innanzitutto la sfida della libertà educativa, che non è solo legata al tema delle scuole paritarie ma ad un modello che tenga maggiormente conto della pluralità dei soggetti che contribuiscono alla educazione dei giovani, primi tra tutti i genitori. Un altro contributo che la Chiesa può dare è quello di aiutare la scuola a mantenere la attenzione alla formazione integrale della persona pur assumendo le nuove condizioni della digitalizzazione o le giuste richieste di collegamento con il mondo del lavoro senza lasciarsene determinare. Ritengo importante anche l’apporto che la Chiesa può dare sul tema della personalizzazione dei percorsi educativi, talvolta ancora troppo standardizzati e su quella della custodia del creato, inteso secondo la accezione di ecologia integrale sostenuta con forza da papa Francesco.

Come pensa che il sussidio possa aiutare le comunità cristiane a rafforzare il rapporto tra le realtà ecclesiali e le scuole?

Bisogna fare attenzione a non pensare il rapporto scuola-Chiesa come rapporto tra due enti distinti e separati. La Chiesa è già dentro la scuola perché dentro la scuola ci sono cittadini cristiani, e ci sono senza bisogno di chiedere permessi o di stipulare convenzioni. Quindi un aiuto che il sussidio mi pare possa dare è proprio quello di far prendere consapevolezza che l’amore e l’attenzione per la scuola non sono appannaggio di qualche specialista del settore, ma riguardano ogni credente che voglia vivere la sua fede come luce che illumina tutti gli aspetti e tutti gli ambiti dell’esistenza. Per questo, mi auguro che questo sussidio possa essere oggetto di riflessione non solo per chi opera nel mondo della scuola, ma per ogni comunità ecclesiale.