«La domanda posta nel titolo di questo seminario attende una risposta innanzitutto intorno alla pertinenza dell’educare come compito della scuola, poiché su questo punto le convinzioni sono tutt’altro che consolidate. Ad essa si collega strettamente la valutazione e la promozione delle condizioni necessarie all’adempimento del compito educativo, sia dal punto di vista pedagogico e didattico, sia da quello delle implicazioni sociali, civili e aggiungerei anche sotto il profilo della domanda religiosa».
Con queste parole mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università ha aperto i lavori del seminario “Educare a scuola si può?”, svoltosi il 14 novembre 2019 e realizzato per volontà della commissione stessa in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università e il Servizio Nazionale per l’insegnamento della religione cattolica.
Fulcro dell’intera giornata di lavori, è stato l’intervento della professoressa Luigina Mortari, docente di pedagogia generale e sociale presso l’Università degli studi di Verona. «Educare, fin dal suo etimo latino ha il significato originario e originante di “aver cura” come capacità di vedere l’altro nel suo stato di bisogno e avvertire quella compassione necessaria a compenetrarsi con lui», ha esordito la professoressa richiamando il valore dell’espressione nei dialoghi platonici su Socrate e in Aristotele. «Aver cura dei giovani», ha proseguito la Mortari «spiega i tre elementi dell’azione educativa che andrebbero riscoperti in quanto valgono allora come oggi: abbattere la passione per le ricchezze e la gloria, insegnare il valore della saggezza, alimentare il desiderio della verità e della virtù».
Per questo motivo l’educazione che la nostra scuola ha bisogno di riscoprire, e al più presto, «è il fatto etico e spirituale in cui essa consiste. Educazione, quindi, in senso cognitivo, cioè della mente, affettiva, cioè dei sentimenti, estetica, ma direi anche politica e religiosa. La didattica è essenziale, ma non si può asfissiare l’anima dei nostri ragazzi con troppi testi. La scuola è zeppa a di nozioni, punta all’indottrinamento di ogni genere e dimentica ciò che più è essenziale: veicolare fiducia nella vita e nella speranza. Come diceva Maria Zambrano: tenere fermo il cuore in quell’energia vitale dell’essere che lo conduce alla ricerca del bene».
Compito che investe in primo luogo i docenti richiamati in modo eccessivo, dai paradigmi scolastici attuali, a valutare la competenza. «Un termine che deriva non a caso da “competere”», ha sottolineato la Mortari, «e che rimanda a una situazione agonistica ed evidenzia la trasformazione aziendale che ha subito la scuola. Le abilità più grandi dell’essere umane non sono competenze e non sono misurabili. Il che non significa non adottare valutazioni quantitative nella scuola, ma utilizzare anche misure altre che non riguardano soltanto una logica economicista».
Diversi i contributi offerti dai due gruppi di lavoro che hanno lavorato sulla traccia offerta dal contributo della professoressa Mortari. Il primo ha messo in luce la necessità di una coscienza matura del docente, che gli permetta di vivere la propria umanità e professionalità all’altezza delle sfide attuali, a fronte di una grave insufficienza della formazione universitaria e ancor più dei vari percorsi abilitanti, oltre che di un’autonomia scolastica ben lungi dal dirsi pienamente realizzata. Si legge nella sintesi dei lavori: «La necessità di una valorizzazione dell’insegnamento della religione cattolica, scelto ancora dalla stragrande maggioranza dei giovani e delle loro famiglie, della responsabilità dei docenti di religione stessi non sempre consapevoli fino in fondo del proprio compito».
Il secondo gruppo si è concentrato invece su altre questioni di fondo come il bisogno di ascolto da parte dei giovani, quello di autorevolezza, empatia e rispetto, oltre a porre l’accento sull’urgenza di rafforzare “il patto formativo” con le famiglie coinvolgendo i genitori in un contesto di formazione, così come con i dirigenti scolastici in uno di aggiornamento per non essere leader monocratici, ma persone in grado di orientare e di condividere il proprio operato.
Con questo seminario termina il percorso in tre tappe voluto in preparazione al Convegno nazionale del 19-21 marzo 2020 “Educare ancora, educare sempre” a conclusione del decennio di orientamenti pastorali centrati su questo tema che non cessa d’interrogare e di cui si avverte sempre di più il bisogno per una scuola che voglia svolgere al meglio la sua missione sociale e istituzionale.