UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Chi non va in classe è a rischio devianza»

Il presidente della Corte d’Appello di Catania: nell’area metropolitana lascia uno studente su quattro
17 Febbraio 2024

«Il grado di civiltà di una società si misura sulla sua capacità di difendere i diritti dei più fragili, incapaci di tutelarsi autonomamente. I bambini e i ragazzi rientrano in questa categoria. In questo momento storico i loro diritti sono in serio pericolo». Sono le parole di Claudia Caramanna, procuratore per i minorenni di Palermo. Un allarme lanciato da molti magistrati, da Sud al Nord. Restando in Sicilia, per il presidente della corte d’Appello di Messina, Luigi Lombardo, «nell’area metropolitana si registrano situazioni di emarginazione e di rischio di devianza, anche trasversale, ai vari livelli sociali, per mancanza di sufficienti servizi educativi, scolastici, sociali e sanitari, deputati a prendersi cura della integrazione dei minori nel gruppo dei pari e in un sano contesto familiare e cittadino».

Pochi chilometri e lo scenario non cambia. Il distretto di Catania «si segnala come uno dei territori più esposti dal punto di vista della devianza minorile, che matura in contesti altamente degradati e spesso controllati dalla criminalità organizzata, per di più con un apparato amministrativo assai carente in termini di servizi di prevenzione e accompagnamento pedagogico». È la denuncia del presidente della corte d’Appello etnea, Filippo Pennisi. E qui il magistrato inserisce, «strettamente correlati alla devianza minorile, gli allarmanti dati dell’abbandono scolastico che nella città metropolitana si attesta intorno al 25%». Un dato che «pone la città a livelli di primato nazionale, addirittura prima tra 14 città metropolitane».

La dispersione scolastica, anche per il procuratore della Repubblica del tribunale per i Minorenni di Salerno, Patrizia Imperato, «ha fatto registrare dati in crescita, anche per effetto degli strascichi dovuti alla pandemia e all’attitudine all’isolamento». In particolare, su un totale di circa 90mila alunni iscritti alla scuola dell’obbligo, a fine anno sono arrivate circa 400 segnalazioni di inadempienza a fronte delle 127 del 2022. Numeri pesanti confermati anche per Napoli. Come segnalato dal presidente della corte di Appello, Eugenio Forgillo, «sono stati fatti controlli in 301 istituti scolastici, durante i quali sono stati individuati 324 casi di mancata frequenza obbligatoria e assenza ingiustificata, che ha portato a denunciare 228 persone che esercitavano la potestà genitoriale». Un fenomeno che «è concausa della devianza minorile» che ha portato, a Napoli, ad un aumento del 17,10% dei reati commessi da minorenni.

Per il presidente del tribunale per i minorenni di Napoli, Giancarlo Posteraro, è però necessario «tenere distinti i fenomeni della devianza minorile determinata dal coinvolgimento di minorenni nella criminalità organizzata di stampo camorristico da quelli conseguenti alle povertà educative dei contesti familiari». Ma, aggiunge Forgillo, «entrambe le forme di disagio giovanile sono presenti nella realtà territoriale del distretto campano e rischiano di intersecarsi se non tempestivamente intercettate, represse e prevenute». Infatti ci sono minori collegati all’associazione criminale attraverso la loro famiglia, «ma non mancano casi di ragazzi aspiranti a diventare boss tra le fila di chi non ha alcun legame di sangue con le famiglie più note».

E l’aumento dei reati commessi dai minori viene segnalato anche al Nord. Ad esempio nel distretto di Genova, come denuncia il procuratore generale, Mario Pinelli, i procedimenti a carico di minorenni sono passati da 1.665 a 1.844. «Ma vale la pena di rammentare che una buona parte vede come parte offesa a loro volta un minorenne», sottolinea la presidente della corte d’Appello, Elisabetta Vidali. Servono dunque risposte non solo penali e ne arrivano da due territori difficili.

A Catanzaro, spiega la presidente facente funzioni della corte d’Appello, Gabriella Reillo, «per quanto riguarda i figli di collaboratori di giustizia, sono stati posti dalla Procura minorile in percorsi attuati in collaborazione con il tribunale dei Minorenni e la Procura. Una iniziativa che coinvolge anche i figli di soggetti appartenenti a compagini mafiose vittime di forme di indottrinamento». Mentre a Catania, ricorda il presidente della corte d’Appello, Filippo Pennisi, «con il protocollo “Liberi di scegliere”, lo scorso anno quattro donne appartenenti a organizzazioni criminali di vertice hanno deciso di aderire ai percorsi di tale progetto e scelto di essere aiutate ad andare via dalla Sicilia con i figli minorenni, proprio allo scopo di sottrarli a un destino ineluttabile».

Antonio Maria Mira

Avvenire, 15 febbraio 2024