È la parola «incontro» il filo conduttore della prolusione che ieri mattina l’arcivescovo di Modena-Nonantola Erio Castellucci ha tenuto in Università Cattolica per l’apertura ufficiale dell’anno accademico dei corsi di teologia. Un appuntamento atteso dall’ateneo dei cattolici, anche perché, come spiega l’assistente ecclesiastico generale dell’ateneo il vescovo Claudio Giuliodori, «questi corsi intendono essere un contributo al percorso formativo dei nostri studenti». E proprio a questi ultimi, oltre che alle autorità accademiche guidate dal rettore Franco Anelli (che nel suo saluto ha definito «il tema dell’incontro come cruciale per la vita dell’ateneo») e ai 49 docenti (tra cui cinque donne) di Teologia dell’ateneo, l’arcivescovo Castellucci si è rivolto ragionando sul tema «i giovani e la bellezza dell’incontro con Dio tra inquietudine e nostalgia».
Ecco subito emergere la parola «incontro»: ma «è un valore o un pericolo?» si domanda il presule, che non nasconde come attualmente si assista a «un imbarbarimento della comunicazione » e a «un dibattito pubblico ai diversi livelli che risulta segnato dallo scontro», che «spesso è generato dalla paura del mettersi in relazione con gli altri». In questo scenario le religioni - e di riflesso anche la teologia «sono capaci di incontro, perché sono radicate su tradizioni ricche, in grado di mettersi in dialogo e accogliere tutto quello che di autentico è presente nelle altre ». Un esempio? «Il dialogo ecumenico che si è potuto sviluppare sulla base dell’incontro», che parte da un incontro principale, che è quello con Dio. Già, l’incontro con il Signore, sottolinea l’arcivescovo Castellucci che è anche presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede della Cei, è la base da cui scaturisce «quella rete di relazioni che chiamiamo Chiesa». Ma oggi accade che tanti giovani «abbandonano la vita cristiana perché hanno la sensazione che essa consista nell’abbracciare un codice di comportamento e non nel lasciarsi abbracciare da una relazione d’amore». E «può accadere – aggiunge Castellucci – che gli educatori cristiani comunichino delle regole più che un incontro con il Signore e i fratelli», anche perché «è più facile trasmettere delle norme che testimoniare la bellezza».
Mai come «l’esperienza universitaria » è «un tempo opportuno per gli incontri decisivi della vita. L’anima dell’esperienza universitaria resta sempre la comunità degli studenti, il suo desiderio di approfondire e condividere. L’università è dunque per sua natura incontro, intreccio di persone e intreccio di conoscenza» aggiunge l’arcivescovo di Modena- Nonantola, che sottolinea come «forse i giovani hanno perso un certo entusiasmo, certamente sono più disillusi di un tempo, ma non hanno affatto perso la passione, la capacità di progettare e fare sacrifici: la concentrano però su traguardi più immediati di un tempo». E Castellucci ha concluso la sua prolusione proponendo due figure mitologiche: Ulisse e Orfeo e la loro lotta contro le sirene. «Ulisse si fece legare all’albero della nave e turò le orecchie dei suoi marinai, puntando sulla paura e sulla difesa nel confronto con le sirene». Orfeo, invece, «vinse la loro melodia ammaliatrice con una melodia ancora più bella che conquistò le sirene. Ecco, i giovani di oggi hanno le risorse per imitare Orfeo», assumendo «uno stile che promuova più che condannare, che incoraggi più che polemizzare».
Enrico Lenzi
Avvenire, 28 febbraio 2019
Scarica qui il testo integrale della prolusione: https://www.cattolicanews.it/Prolusione_Giovani-e-incontro-con-Dio_Mons-Castellucci_190227.pdf