«Portami il diario!». La fatidica frase – ammesso e niente affatto concesso che ancora risuonasse in qualche aula... – d’ora in poi sarà off limits: almeno nella scuola primaria. Lo stabilisce un emendamento alla riforma per la reintroduzione dell’educazione civica a scuola, approvato il 30 aprile, secondo il quale le note sui registri di classe e le sanzioni disciplinari come la sospensione e l’espulsione, previste addirittura da un Regio Decreto del lontano 1928, saranno anche formalmente abolite per gli alunni delle elementari. Addio dunque firme dei genitori e minacce di severe punizioni: dopo le bacchettate sulle dita e gli stazionamenti dietro la lavagna, anche questo genere di provvedimenti finisce tra i ricordi di lontane scolaresche.
Di fatto la nuova legge, che si propone di «rafforzare la collaborazione con le famiglie» estende alla primaria il Patto educativo di corresponsabilità già previsto per le scuole secondarie inferiori e superiori e «che già oggi disciplina in maniera dettagliata e con- divisa – specifica ufficialmente il Miur – i diritti e doveri degli studenti nei confronti delle istituzioni scolastiche, comprese le relative sanzioni. Viene operato, dunque, un allineamento normativo in tutti gli ordini di scuola, con il conseguente superamento di alcune norme del passato».
Peraltro, in serata il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti corregge: le sanzioni restano, sono quelle stabilite da un decreto del 2009. In ogni caso, a detta degli esperti erano almeno vent’anni che nessun bambino veniva sospeso per motivi disciplinari; anche le note sul registro sono anacronistiche: se ci sono problemi, il contatto con la famiglia è diretto e tende a valutare insieme i modi per correggere i comportamenti scorretti.
Facile dunque trovare commenti favorevoli alla novità, anche perché stiamo parlando di bambini. «È un segno di civiltà – esulta ad esempio il presidente della Commissione Cultura e Scuola della Camera, Luigi Gallo (M5s) –. Il rapporto educativo in questa fascia di età deve fondarsi sulla fiducia e sulla collaborazione ». «Mi sembra una misura giusta – dichiara Mario Rusconi, presidente Anp (l’associazione dei dirigenti scolastici) del Lazio –. Bisogna pensare a un insegnamento basato sulla comprensione e sull’empatia. Gli insegnanti devono soprattutto basarsi sul convincimento e portare i piccoli a riflettere sulle cose che fanno o dicono piuttosto che reprimere e basta, e per fortuna ormai da diversi anni le maestre preferiscono questo approccio pedagogico. Naturalmente non bisogna abbassare la guardia, soprattutto per quanto riguarda gli episodi di bullismo che sono già molto diffusi tra i bambini che frequentano le elementari».
Ma c’è anche chi si lamenta: «Questa è la deriva – afferma Vittorio Lodolo D’Oria, esperto in burnout degli insegnanti –. Stiamo levando tutti gli strumenti educativi, anche le sanzioni. Carota e bastone hanno cresciuto generazioni perché amministrate saggiamente. Lasciare solo la carota porterà a educare nuove generazioni incapaci di tollerare frustrazioni. Siamo di fronte a una rivoluzione culturale cinese 'soft', in cui l’alunno sale in cattedra e l’insegnante è sotto esame. Un ’68 di ritorno in cui è sempre 'vietato vietare'».
Non distante il pensiero del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (Fdi): «La maggioranza procede come i gamberi. Com’è possibile che la Camera vari l’educazione civica nelle scuole ma poi in Commissione elimini le sanzioni disciplinari? Il sessantottismo in salsa pentaleghista continua a colpire».
Giulio Isola
Avvenire, 3 maggio 2019