Nessuna rivoluzione in vista per la scuola italiana con il cambio di governo, ma «qualche cambiamento» è in programma. Usa parole rassicuranti Marco Bussetti, che da poco più di un mese è il ministro dell'Istruzione nel governo Conte.
Classe 1962, nato a Varese, docente e dirigente scolastico, Bussetti da anni ricopre ruoli dirigenziali nella macchina amministrativa scolastica. Al momento della nomina a ministro era a capo di uno dei più grandi provveditorati italiani, quello di Milano. E ora deve guidare il ministero più grande: quello dell' Istruzione. Con lui parliamo di cosa la scuola italiana si deve aspettare con il nuovo governo.
Il suo arrivo al dicastero, signor ministro, è coinciso proprio con la fase finale dell' anno scolastico. Messo quasi in archivio l' anno 2017/18 all' orizzonte si profila quello 2018/2019. Che anno dobbiamo aspettarci? L' ennesimo con cambiamenti e rivoluzioni?
Cambiamenti sì, rivoluzioni no. La scuola italiana ha già pagato un prezzo troppo alto per gli stravolgimenti che si sono susseguiti negli ultimi anni a causa del mancato accompagnamento in fase attuativa delle riforme introdotte. Le novità hanno creato difficoltà al sistema per i troppi strappi che ci sono stati. Penso che ci vogliano interventi mirati per risolvere nel concreto i problemi e le criticità e anche per portare avanti percorsi necessari come quello dell' innovazione didattica su cui lavoreremo molto. Fare una grande riforma per lasciare una firma non ha senso. Meglio procedere per gradi.
Tra i suoi primi atti l' abolizione della chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici. Il primo segnale di smantellamento della Buona scuola così come annunciato in campagna elettorale dai partiti di maggioranza? Della legge 107/2015 la Buona scuola, appunto, cosa intende salvare?
La chiamata diretta è stata concepita e applicata male. Da più parti se ne chiedeva la cancellazione. Lo stesso contratto di governo ne prevedeva il superamento e così è stato. Sul resto della Legge 107, si proseguirà con cautela. La pausa estiva servirà per capire cosa funziona e cosa no, dopodiché ci si muoverà di conseguenza nell' interesse dei vari attori in campo. Prima di tutto gli studenti che sono i destinatari della formazione. Nella scuola metteremo in ordine ciò che non va, come primo atto, per dare respiro al sistema stressato da mille incombenze e da troppi cambiamenti imposti e non condivisi. Ma daremo grande attenzione anche all' innovazione della didattica, alla formazione degli insegnanti, al digitale.
Parliamo dell' organico potenziato per ogni singolo istituto. La presenza di questi docenti che non sono legati a una classe, ma possono essere utilizzati per progetti ad hoc, per lei sono una potenzialità o no?
Le risorse devono essere coordinate meglio per aumentare l' offerta formativa. In generale credo molto all' autonomia scolastica come fattore di valorizzazione del corpo insegnanti.
Allora quali passi intende compiere per potenziare l' autonomia scolastica sotto i vari aspetti: organizzativo, economico, gestionale?
Ci sarà una prioritaria attenzione alle esigenze pratiche delle scuole. È necessario sostenere l' autoprimi nomia con un lavoro che la valorizzi. Il sistema non si governa solo stando a Roma.
Tema concorsi. Lei ha detto che il precariato non potrà mai sparire. Come pensa di affrontare il fatto che i posti di ruolo sono in gran numero al Nord mentre gli aspiranti docenti provengono in gran numero dal Sud?
La regola deve essere quella del docente assunto con concorso che ha una cattedra assegnata. Il precariato diffuso infatti ha contribuito in maniera determinante all' indebolimento della figura dell' insegnante.
Pensa a concorsi regionali e a obblighi di permanenza sulla cattedra vinta per un certo periodo di tempo all' inizio del servizio?
È un' ipotesi. Dobbiamo agire considerando le disponibilità di posti. Altrimenti c' è il rischio che alcuni territori restino sempre sguarniti.
Formazione dei futuri docenti e valorizzazioni di coloro che sono già in cattedra. Quali saranno i atti che intende compiere su questi fronti?
Sono opportune forme di incentivazione e sostegno alla formazione continua, un obbligo della società contemporanea per far fronte alle sfide continue dell'innovazione.
L' anno appena concluso è stato costellato di episodi di cronaca nera nel rapporto docentegenitori. Una vera e propria emergenza. Come ministero che passi intende compiere per ristabilire una vera alleanza educativa che veda docente, genitori e studenti parte di una comunità?
La violenza e la mancanza di rispetto nei confronti di tutto il personale che lavora nella scuola sono intollerabili. C' è un problema culturale diffuso che sfocia in azioni da condannare non solo a parole. Il Miur non lascerà da soli coloro che sono vittime di questi atti e si costituirà parte civile. Ma, come sempre, prevenire è meglio che sanzionare ex post. Per questo ci vuole un' azione di sensibilizzazione.
Enrico Lenzi
Avvenire, mercoledì 4 luglio 2018