UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Boicottaggio degli atenei israeliani, Accademici divisi. Ecco le ragioni

Dibattito acceso nel mondo universitario italiano per due manifesti-appelli contrapposti. Parlano alcuni dei promotori
17 Novembre 2023

Gli studiosi e i ricercatori debbono essere politicamente impegnati o restare nella loro torre d’avorio per non “contaminare” il loro ruolo con interessi esterni all’accademia? Il dibattito è antico e si rinnova a ogni occasione. Ma ammesso che poi si decida di essere intellettuali pubblici oltre che attivi in modo neutrale nel proprio settore specialistico, resta la decisione circa il campo nel quale schierarsi. Non c’è bisogno di citare vicende lontane e paradigmatiche come il caso Dreyfus, sebbene proprio la vicenda del militare francese di origine ebraica che divise la Francia a cavaliere tra Ottocento e Novecento sembra essere un riferimento possibile della diatriba che accende l’università italiana in queste settimane a proposito della guerra in Medio Oriente. Come è ormai noto, a una prima lettera appello a ministri e rettori che sollecita, tra l’altro, l’interruzione dei rapporti con gli atenei di Israele di fronte ai bombardamenti su Gaza e in genere alle politiche di lungo periodo perseguite da Tel Aviv nei confronti della popolazione palestinese ha risposto una raccolta di firme sulla piattaforma change.org contro la proposta di boicottaggio. Sono ormai quasi diecimila le firme (tutte di esponenti accademici) in calce ai due documenti, più o meno equamente ripartite. In precedenza, prese di posizioni e manifestazioni si sono susseguite a partire dal 7 ottobre, data dell’attacco terroristico di Hamas contro i civili israeliani e della risposta delle forze armate dello Stato ebraico.

Spiega Pierluigi Musarò, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna, tra i promotori della lettera-appello: «Noi chiediamo il cessate il fuoco e il rispetto del diritto internazionale. Lo strumento per fare pressione è anche una mobilitazione intellettuale non violenta attraverso l’interruzione dei rapporti con le università israeliane. Questo è un mezzo, non il fine. Infatti, il boicottaggio accademico è uno strumento pacifico adottato su invito della comunità universitaria palestinese da alcune tra le più importanti organizzazioni accademiche internazionali, e appoggiato da intellettuali di spicco, inclusi intellettuali ebrei e israeliani, per porre pressione sulle istituzioni accademiche israeliane sino a che non porranno fine alla loro complicità con le violazioni dei diritti della popolazione palestinese occupata secondo il diritto internazionale».

L’ eco della contesa, in un Paese che a livello ufficiale si è schierato senza esitazione dalla parte di Tel Aviv, è subito arrivata anche agli accademici di Israele, che hanno molti legami con colleghi italiani. «Come studiosi - commenta Nadav Davidovitch, professore di Medicina alla Ben Gurion University del Neghev - ci impegniamo per i valori di verità, libertà, moralità, democrazia, compresa la protezione delle minoranze e dei diritti delle donne. Le nostre carriere e le nostre vite sono costruite sulle fondamenta della libertà accademica e della produzione di conoscenza a beneficio dell’umanità. Questi sono tutti valori fondamentali che Israele e il mondo accademico israeliano hanno casi, l’opposto dei valori che promuove Hamas. Sono anche i valori condivisi che sono alla base del legame tra ricercatori italiani e israeliani, un rapporto profondo e forte tra persone che la pensano allo stesso modo e che ha portato a oltre 10.000 pubblicazioni accademiche congiunte solo negli ultimi cinque anni».

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Andrea Lavazza

Avvenire, 16 novembre 2023